Il tomino, lo avete assaggiato? E quello con la crosta bianca che emana un cattivo odore, lo conoscete? E’ il Tomino di Melle, “Toumin del Mel”, Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Piemonte, per il quale è in corso l’iter per il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta.
Parto da qui perché probabilmente è uno dei prodotti più conosciuti della regione che schiera in serie A due squadre di calcio, entrambe nella città capoluogo. Per coloro che seguiranno Higuain e compagni nella trasferta di Torino, potrebbe essere utile sapere che, ad esempio, sono 11 le varianti di Tomino che la Regione Piemonte ha inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani: Tomino di Casalborgone, canavesano asciutto, canavesano fresco, del Bot, delle Valli Saluzzesi, di Melle detto tomin del Mel, di Rivalta, di San Giacomo di Boves, di Saronsella detto anche chivassotto, di Sordevolo, di Talucco.
Terra di formaggi buoni il Piemonte, come il Plaisentif, formaggio tipico dell’area torinese prodotto esclusivamente in una decina di alpeggi posti a una quota superiore ai 1800 m. nelle valli Chisone e Susa sui crinali del Parco Naturale Orsiera Rocciavré. Viene considerato “una rarità e quindi in genere è assente nei carrelli dei formaggi piemontesi”. Gli intenditori consigliano di gustarlo da solo oppure abbinato con miele di castagno o multifloreale di montagna o con confetture di drupacee o piccoli frutti.
Anche la carne qui ha una sua tradizione. Rinomata la Fassone, utilizzata cruda come antipasto nel battuto; oppure per preparare il vitello tonnato, il bollito misto, il brasato al Barolo e nella variante al Barbera. Altro piatto tipico piemontese di carne è la Finanziera, realizzato con frattaglie e scarti di macellazione.
Dove mangiare quando si è a Torino? Secondo me avete due possibilità. La prima potrebbe essere quella di affidarsi alla tradizione, quindi alla “piola” che è la tipica osteria piemontese, dove si mangiano piatti del territorio, si beve vino rosso piemontese e in genere non si spende molto. In più c’è il gusto di rivivere antiche atmosfere in locali che ancora oggi conservano insegna e arredi del passato. Tra le piole più famose ci sono La Familiare in Viale Michelotti, la Trattoria Valenza in Via Borgo Dora, Cantine Vittoria in Piazza della Vittoria e J’amis D’La Piola in Corso Mocalieri.
Certo, per chi avesse più tempo a disposizione, trovandosi in Piemonte meritano una visita e tanti assaggi le Langhe, famose sie per il Tartufo bianco di Alba che per i vini, i rossi in modo particolare. Ma tra Doc e Docg, l’offerta è ampia di alto livello. Torino, tra la sua cinta metropolitana e l’intera provincia che arriva fino alla Valle d’Aosta, è terra di molti buoni vini. Ve ne propongo qualcuno: Pinerolese Ramie, Erbaluce di Caluso, Pinerolese Bonarda, Canavese rosso, Carema.
La seconda possibilità è quella di mangiare napoletano. Va detto che nel dopoguerra Torino si trovò a essere la terza città italiana meridionale, subito dopo Napoli e Palermo e, dunque, di napoletani che hanno portato la nostra tradizione culinaria sotto la Mole ne troverete tantissimi. Anche se non tutti sono rimasti fedeli alle origini. Peggio per loro.
Veniamo alle pizzerie, vi faccio un breve elenco: Cammafà; Amicimiei; da Pecchia; il Sarchiapone; da Cristina; Parthenope. Poi ci sono ancora: don Gennaro, inventore della pizza S.Anastasia; la pizzeria da Ciro, nata “per una pazza idea di Ciro Ferrara, che volle portare il sapore della sua Napoli alla città che lo aveva così cordialmente ospitato”; Gennaro Esposito, “Napoletano di nascita, cuoco per vocazione”.
Infine, a mio avviso, una menzione particolare la merita Ciccillo in Via Nizza, pizzaiolo da sempre. Sul sito web del locale c’è la sua foto dove mostra con orgoglio, accanto alla Pizza, una sciarpa del Napoli. E nella sua biografia è scritto: “Egli mette il cuore nella sua arte; un cuore che, ovviamente, batte per il colore azzurro della squadra partenopea, anche se al primo posto resta sempre la mamma”.
Prima di chiudere, un consiglio: anche se non è il suo periodo, ma se dovessero proporvela, evitate la bagna càuda.
E chest’è. Edamus, bibamus, gaudeamus! E sempre forza Napoli!