In quanti eravamo stamattina al Cimitero de’ Funtanelle? Più di quarantamila ritengo, mille spettatori vivi e ancora capaci di rispondere al richiamo ancestrale della cultura popolare, ma ci siamo sentiti forti e in qualche modo rincuorati dalla “presenza” delle quarantamila anime “pezzentelle”, cioè senza nome e senza affetti, adottate, in cambio di una protezione da chi aveva bisogno di ottenere un “favore” dall’aldilà. O aveva da farsi perdonare qualche malefatta visto che la Sanità è stata da sempre una roccaforte della guapparia prima – vengono da queste contrade gli specialisti della “zumpata” cioè dello scontro a colpi di coltello che consentiva al vincitore di abbreviare i tempi dell’accettazione del picciotto, previo patto di sangue con il padrino, nei ranghi dell’“onorata società” – e successivamente della peggiore criminalità.
Oggi giustamente Aldo Masullo invoca un nuovo Piano Marshall per Napoli. La tensione di questi momenti tragici si è avvertita fortissima stamattina nelle cave di tufo del cimitero. È una sensazione difficile da rendere a chi non l’ha vissuta. Ci siamo ritrovati in un luogo magico e surreale perché abbiamo doverosamente risposto all’invito di Nino Daniele, l’assessore alla cultura che sta salvando con le sue iniziative a costo zero il decoro e la centralità dell’amministrazione comunale. E lo sta facendo, tra l’altro, “restituendo” alla città alcune delle sue glorie dimenticate: Matilde Serao, celebrata a Forcella, Salvatore Di Giacomo nella magnifica chiesa di San Giovanni a mare nel cuore del borgo degli Orefici, e Eduardo e Titina De Filippo alla Sanità. Quattro grandi interpreti della napoletanità, tre luoghi altamente simbolici e due cantori d’eccezione: Maurizio de Giovanni autentica sorpresa nei panni non più dello scrittore creativo ma del fine dicitore stregato dall’amor patrio e il maestro Michele Campanella un monumento della musica colta, grande e umile al tempo stesso, capace di gioire come se stesse salutando un gol di Higuain quando gli abbiamo detto che il suono del suo pianoforte ci arrivava nitido e ricco delle magie che la mano dell’artista gli trasmetteva.
Il pubblico è arrivato a piedi attraversando i sanpietrini ancora macchiati dal sangue delle ultime vittime della guerra dei clan; qualcuno – e ce lo ha confessato – voleva rinunciare ma tutti insieme, chiamandosi metaforicamente da un quartiere all’altro, sono venuti ed hanno applaudito per oltre un minuto l’assessore e il parroco don Giuseppe che ad una voce hanno detto che la criminalità si sconfigge con il buon governo, con le scuole aperte tutti i giorni, con i corsi di formazione che garantiscono lavoro e serenità ma anche sfidando i camorristi nella loro tana. Come fecero don Puglisi e don Peppino Diana al quartiere Brancaccio di Palermo e a Casal di Principe.
‘O camposanto sorge a poche decine di metri dal luogo dell’ultimo raid, quei bambini che abbiamo visto giocare fuori del basso erano tra quelli miracolosamente scampati alle pallottole mentre mangiavano il gelato; a pensarci viene voglia di girare le spalle e andarsene ma nessuno lo ha fatto. Sono rimasti, siamo rimasti, convinti di fare in questo modo niente di più che il nostro dovere di cittadini. L’importante è sentire le istituzioni dalla propria parte, questo ancora non avviene ma iniziative come questa hanno la forza di scuotere. Lo ha detto Daniele dandoci appuntamento al 5 giugno quando le “restituzioni” cesseranno simbolicamente ma, ce lo auguriamo, proseguiranno concretamente. Come ha fatto Nino Daniele dedicando la manifestazione a Gerardo Marotta che martedì compie ottantasei anni e riceverà dal Comune un aiuto decisivo per i corsi di formazione estivi dell’Istituto di Studi filosofici. «Sono pochi spiccioli, gli ultimi», si è come giustificato Nino Daniele «ma siamo sicuri che gli imprenditori napoletani si iscriveranno a questa gara di solidarietà», alludendo evidentemente alla possibilità di godere di sgravi fiscali a fronte di un impegno in favore delle iniziative culturali. È un appello, ma lanciato da un luogo altamente simbolico dell’humana pietas può raggiungere più facilmente lo scopo.
(La foto che ritrae Michele Campanella è di Pietro Contaldo, quella di Maurizio de Giovanni è di Laura Gargiulo)