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Gismondo: «Riapriamo gli stadi al pubblico: mascherine, distanziamento e divieto di sputi» 

Al Corsport la virologa che minimizzò il coronavirus. «Non capisco perché esistono tanti timori per riaprire al calcio e non nell’autorizzare un concerto all’aperto»

Gismondo: «Riapriamo gli stadi al pubblico: mascherine, distanziamento e divieto di sputi» 
foto Hermann

Il Corriere dello Sport intervista Maria Rita Gismondo, virologa del Sacco di Milano. Diventata celebre perché paragonò il coronavirus a una normale influenza. Nessun problema a riaprire gli stadi al pubblico, dice, anche da adesso, ma sicuramente in autunno. E indica gli accorgimenti da prendere.

«Mascherine obbligatorie ovunque, niente vendita di cibi e bevande nello stadio, termo-scanner come negli aeroporti internazionali (quelli che esaminano la temperatura al passaggio in modo da mantenere fluido l’accesso), rigido distanziamento sociale tra gli spettatori, ossia almeno un metro ai lati e avanti e indietro attorno a chi è seduto o in piedi, multa a chi toglie la mascherina».

Occorrerebbe educare i tifosi, naturalmente. Alcune pratiche abituali andrebbero abolite.

«Prima di tutto occorre un’informazione a tappeto: se ci tenete a vedere il calcio dal vivo si possono evitare cattive abitudini. Anche i calciatori in campo dovrebbero essere simbolo di educazione sociale. Poi, pur andando contro gli istinti umani da animali sociali, in clima di pandemia dovrebbe essere chiaro che non ci si può abbracciare e toccare in caso di gol. È il momento questo di metabolizzare, andando contro la nostra natura, il distanziamento sociale. Dovremmo già mentalmente creare attorno a noi un’area invalicabile di un metro, meglio due. Se c’è l’obbligo della mascherina, con multa se la si toglie, non credo sia possibile sputare».

Considerando uno stadio con una capienza di 40mila spettatori, con il distanziamento sociale ne entrerebbero circa 8mila, un quinto.

«All’incirca: occorre basarsi sulla capienza in base ai posti a sedere veri, comunque mantenere vuoti i posti davanti, dietro e ai lati è una giusta garanzia di sicurezza. I calcoli spettano a chi gestisce queste strutture. Dare numeri limite come si è fatto per lo spettacolo è senza senso, i numeri vanno dati in base alle capienze. All’aperto poi il virus se presente è comunque più diluito nell’aria rispetto al chiuso».

Se riaprono gli spettacoli, perché non il calcio?

«Io non capisco perché esistono tanti timori per riaprire al calcio e non si hanno nell’autorizzare uno spettacolo concertistico all’aperto. Le regole per la sicurezza, distanziamento e mascherine obbligatorie valgono per uno stadio come per gli spettatori dell’opera. Fermo restando che sono entrambe situazioni che si svolgono all’aperto e che le regole di accesso contingentato sono più facilmente applicabili in uno stadio. Ovviamente in entrambi i casi occorre rigidità massima nell’applicazione delle regole».

Fuori dagli stadi, continua la Gismondo, dovrebbero essere vietati i punti vendita di alimentari.

«Per evitare agglomerati e persone che mangiano o bevono senza mascherina in poco spazio, senza rispettare il distanziamento sociale. Se c’è modo di far rispettare certe regole uguali per tutti, allora si può vedere se permetterlo».

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