Su La Stampa. Non si sono alzate voci, dal mondo degli appassionati e del tifo organizzato per reclamare il ritorno in campo del pallone, anzi, l’indicazione è di segno contrario
Da oggi “anche il mondo del calcio ci riprova”, scrive Gigi Garanzini su La Stampa. Ripartono gli allenamenti individuali, che allenamenti veri e propri non sono, ma si concretizzano in
“pratica sportiva, con mille cautele e nel rispetto delle norme che tutti ci riguardano, a cominciare dal distanziamento. Da qui a riparlare di campionato, e di coppe, il passo è molto lungo”.
Il tennis e il golf si organizzano per evitare i contatti, ma uno sport come il calcio,
“uno sport di contatto e che contatto dovrebbe semplicemente chiudere bottega. Com’è già successo in Francia, e presto accadrà altrove”.
Come ragionevolmente, scrive Garanzini, accadrà anche da noi,
“dove l’unico sport che si è continuato a praticare è quello del cerino acceso: l’ultimo a ritrovarselo tra le mani, e a scottarsi, è quello cui toccherà la responsabilità della resa”.
Potrebbero essere i calciatori a decidere di metterci un punto.
“Alla fine potrebbero essere i calciatori a decidersi, visto che tra federazione, lega, società e pay-tv il rischio di infettarsi tocca a loro correrlo: qualche segnale sta cominciando ad arrivare, dalla Spagna e non solo”.
Intanto, sullo sfondo, risalta l’indifferenza popolare, scrive.
“Sullo sfondo, ma ben dentro la cornice, l’indifferenza popolare. Non una voce che si sia levata, dal mondo degli appassionati, del tifo più o meno organizzato, a reclamare il ritorno immediato del calcio. Non un sondaggio ufficiale, in un’epoca in cui di quello si campa, a reclamare a larga maggioranza il pallone: anzi, da quei due-tre ufficiosi un’indicazione di segno nettamente contrario. Continuiamo a ripeterci che passata la pandemia il mondo non sarà più quello di prima: questo ripasso dell’ogni cosa a suo tempo ha tutta l’aria del segnale forte”.