Tre i fattori vincenti: velocità di risposta, capacità di mappare il contagio e distanziamento sociale, ma soprattuto un patto tra cittadini e governi, in cui ognuno fa la sua parte
L’oriente ha battuto l’occidente nella battaglia al coronavirus. È un dato di fatto confermato dai numeri, come riporta oggi Repubblica
Solo sei nuovi casi ieri in Cina, meno di 15 in Corea del Sud per il decimo giorno consecutivo.
Sempre dando per buone le cifre ufficiali, i loro governi sembrano anche essere riusciti a limitare meglio del resto del mondo i danni dell’emergenza sanitaria, nonostante siano stati i primi a doverla affrontare.
Tutto grazie a tre fattori: velocità di risposta, capacità di mappare il contagio e distanziamento sociale
Si parla adesso da più parti di “modello Asia” parlando di un modello vincente nella lotta al coronavirus, ma, scrive Repubblica, se un modello c’è, è sicuramente quello di aver fatto un patto di coscienza tra cittadini e governi
Se qualcosa come un “modello Asia” esiste, insomma, è un insieme di diversi fattori, dosati in maniera differente a seconda del contesto locale: preparazione, competenza, capacità di comunicare con i cittadini e attitudini individuali. Ed è lo stesso modello con cui Corea del Sud o Taiwan, Paesi che non hanno neppure mai chiuso negozi e fabbriche, sono entrati nella fase due, spiegando chiaramente che bisogna prepararsi a un lungo periodo di convivenza con il virus, durante il quale la possibilità di restare aperti dipenderà dall’adozione di una serie di comportamenti di prevenzione e dalla capacità delle autorità di mappare il contagio. Un patto tra cittadini e governi, in cui ognuno fa la sua parte. Conviene osservarli con attenzione.