Il fondatore di Microsoft a Repubblica: «Finché non ci sarà un vaccino valido le persone avranno grande timore e non torneranno alla vita normale perfino se i governi dovessero stabilire che non c’è pericolo»
Repubblica nell’edizione online delle 19 intervista Bill Gates, filantropo e molto impegnato con la sua fondazione nello studio di cure e vaccini per il Covid. Il principale fondatore di Microsoft Corporation, ha parlato delle possibili strade disponibili a suo parere per uscire dall’emergenza sanitaria del coronavirus, chiarendo alcuni dubbi sorti dopo i suoi post dei giorni scorsi in cui aveva parlato dell’importanza dei vaccini rispetto alle cure
“È assolutamente indispensabile impegnarsi nelle terapie: possono essere messe a disposizione più facilmente dei vaccini, perché a differenza di questi non è necessario testarle su così larga scala.
Se alcune terapie che in questo momento sono in pole-position dovessero fallire, ce ne saranno sempre altre di promettenti, come per esempio l’uso delle immunoglobuline IgG, che si estraggono dal sangue dei pazienti guariti e si iniettano ai malati. Tuttavia per tornare ovunque alla normalità avremo bisogno sia di terapie estremamente efficaci, sia di un vaccino. Il vaccino è molto importante, perché è senza dubbio in questo modo che recupereremo la normalità”.
Tornare alla normalità, è proprio questo il punto su cui si è soffermato Bill Gates sottolineando che ci potranno volere anche due anni per farlo
“È vero. Non torneremo a fare vita normale prima di uno o due anni. Potremo uscire da questa prima fase adottando misure sulle attività che servano a non esporci al rischio di regredire agli inizi, quando il contagio si propagava in modo esponenziale. Con un sistema basato su test e tracciamenti dovremmo essere in grado di individuare in fretta i focolai d’infezione e di soffocarli. Anche così, però, non torneremo a una vita del tutto normale, perché le persone avranno grande timore di essere contagiate e cambieranno radicalmente le loro abitudini. Perfino se i governi dovessero stabilire che non c’è pericolo, la gente non tornerà a riempire gli stadi fino a che non sarà provato che le terapie o un vaccino rendono residuo il rischio di morte”.