Dove eravamo rimasti? Ah si, è vero, ad un rigore finito impietosamente ad Agnano, con annessi e connessi i sogni di gloria di sei milioni di tifosi azzurri che avevano davvero creduto potesse al fine festeggiarsi comunque il traguardo minimo del play-off champions, evidentemente non ricompreso nel pacchetto di internazionalizzazione sbandierato ai quattro venti e poi sorprendentemente abiurato in favore di un incerto kilometro zero, almeno ad oggi più legato a meschine esigenze di bilancio che ad autentica infatuazione per un autarchico progetto valorizzatore di eccellenze locali a marchio DOP. E così, chiuso il sipario su una stagione da sciagurati alti e bassi, non casualmente rogitata da quel Pipita che in tante occasioni pure aveva sollevato le castagne dal fuoco dei troppi gol subiti, e conclusasi con la busta regalo-matrimonio alla banda Lotirchio che nemmeno un telegramma di felicitazioni da piazza Matteotti si sarebbe probabilmente aspettato, il tifoso non ha potuto far altro che staccare per un pò la spina dall’insostenibile strascico di polemiche e partenze anticipate da capodichino avenue, lasciando finalmente gli artefici dell’ennesima delusione al tanto sospirato quanto immeritato sbarco a Formentera in compagnia delle loro modelle tanto coperte quanto sincere. Non aveva fatto però bene i conti con le regole di un circo impazzito che non conosce soste nemmeno tra Sant’Antonio e le allegre paranze nolane, ed ecco allora immancabili come il caldo e le zanzare i proclami dell’asino di Buridano imbrillantinato, sempre indeciso tra progetti ogni volta pressoché identici nella loro fallimentarità, a garanzia di un passo in avanti che non si farà mai tanto dall’augurarsi quasi che decida finalmente di scegliere di non scegliere, unica possibilità a questo punto per sognare davvero in grande. Ecco le insostenibili polemiche sullo stadio, a cui mancava davvero soltanto l’assedio di un esercito di barbari giunti a Fuorigrotta per ascoltare un cantante tifoso dell’Inter, per farne vacillare ulteriormente le gloriose vestigia. Pronto, scongelare il trenta maggio come da tradizione, l’ennesimo scandalo scommesse e partite truccate, dal quale sembra venir fuori che nel mondo malato del pallone odierno i match ormai si ordinano e comprano come una guantiera di sfogliatelle da Pintauro. Sotto quindi con il segreto degli addominali di CR7, con i selfie ammiccanti di Caterina Balivo, con il presidente che compra ristoranti invece che calciatori mentre il suo pupillo, pur di far abbassare il prezzo del cartellino e accasarsi altrove continua a spararli alle stelle pure all’altro capo del mondo, con il pur bravo Valdifiori spacciato suo malgrado per il nuovo Alemao, con l’allenatore operaio in una città dove mancano le industrie, con una inaspettata e, concedeteci, accettabile solo con il beneficio d’inventario, empolizzazione di una città quando Empoli, con tutto il rispetto, è pur sempre la metà di Soccavo. E insomma con le infinite, sterili polemiche, degne del salotto di Del Debbio, in un paese dove tutti vogliono fare gli attaccanti ma mancano i pizzaioli. Ma intanto si ricomincia, il tifoso al solito è pronto a gioire o a gettare dal balcone il telecomando, ma alla fine il suo è un amore senza raziocinio che resisterebbe persino ad una riunione di condominio, figuriamoci alla mancanza di un centrale, di un interditore dai piedi finalmente buoni, di un’ala pura che spacchi in due le difese avversarie come ne mancano dai tempi del condor Agostini, e insomma di un gruppo vero che non si accontenti della goleada al Folgarida e del Birra Moretti, ma che dia finalmente la speranza che, per una volta, non si è gattopardianescamente cambiato tutto per non cambiare al solito niente. Perché stavolta, gridare “MaSSarri vattene!”, senza inganni né trucchi, sarebbe davvero la sconfitta di tutti.
Otto Tifoso
Stavolta gridare “Massarri vattene” sarebbe una sconfitta per tutti
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