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Rezza: «Nel calcio non è applicabile il distanziamento. Il rischio non è zero»

Il direttore delle Malattie infettive dell’Iss: «Far ripartire il calcio dopo la fine del lockdown è una decisione politica. Anche se non si discute che si gioca a porte chiuse» 

Rezza: «Nel calcio non è applicabile il distanziamento. Il rischio non è zero»

Il direttore delle Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, Gianni Rezza, è tornato a parlare di calcio nel punto stampa dell’Iss sull’andamento epidemiologico. Qualche settimana fa disse che, se fosse dipeso da lui, non avrebbe dato parere favorevole alla ripresa del campionato. Oggi ha rimandato tutto al Governo, ma ha lasciato intendere quanto possa essere pericoloso riprendere.

«Far ripartire il calcio dopo la fine del lockdown è una decisione politica. Dal punto di vista tecnico il calcio come altri sport implica un contatto diretto, quindi la necessità di controlli molto stretti su un numero di persone relativamente ampio, anche se non si discute che si gioca a porte chiuse. Ma attorno ai 22 calciatori ci sono 200 persone circa, i controlli sarebbero in carico delle squadre da quello che ho capito, a scadenze molto strette. Non ho letto il protocollo Figc, non posso dare una opinione in merito, ho solo sentito parlare di un tampone ogni quattro giorni o qualcosa del genere. I giocatori dovrebbero stare isolati rispetto alla comunità e alla famiglia, tutta una serie di norme per ridurre al minimo il rischio di contagio».

Sulla decisione di ripartire:

«È una decisione molto difficile da prendere, non mi sembra che ci siano le condizioni per un rischio zero, ma nessuna attività che riprenda è a rischio zero. In questo caso il distanziamento sociale mi sembra scarsamente applicabile, certo il rischio non è zero. Facendo una analisi dei costi e dei benefici si possono prendere decisioni, ma non sta a noi decidere».

 

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