A Repubblica Genova: «Senza tifosi allo stadio non è il nostro calcio. Non capiamo perché si debba finire questo campionato, con tutti questi morti»
Per la Gradinata Nord genoana la solidarietà è molto più importante del ritorno al tifo. Di riprendere il calcio i tifosi rossoblù non hanno tanta voglia, scrive Repubblica Genova. Basta fare un giro nei vari forum esistenti, e sui social. Il loro primo pensiero è soprattutto rivolto alle vittime. Di fronte a tanto dolore diventa difficile riuscire a gioire per un gol, a maggior ragione se dietro ad uno schermo.
Pochi giorni fa Roberto Scotto, uno dei volti storici della Gradinata Nord, ha dichiarato ad una tv locale:
“Non si può pensare al calcio in questo momento. Sono 18mila persone morte, non vedo come si possa aprire, ho parlato con i tifosi dell’Atalanta e del Brescia. In questo momento la cosa più importante è salvare la vita, e si salva stando a casa con misure speciali, assolutamente non capisco perché si debba finire questo campionato e lo direi anche se il Genoa fosse al posto del Lecce. E’ un calcio fondato sui soldi e su cose di poco valore, i tifosi sono la parte migliore del calcio e lo hanno dimostrato dopo il crollo di ponte Morandi qui a Genova e in altre situazioni. E’ giusto lasciare spazio ora a chi cura questi malati”.
Un pensiero condiviso da molti club, scrive il quotidiano, ricordando le donazioni messe in atto dagli ultrà.
Uno dei club rossoblù più attivi, i “Figgi do Zena”, hanno dichiarato:
“In questo periodo di emergenza, quello che sarà il futuro del calcio ci interessa poco perché, se non ci potranno essere i tifosi allo stadio, non sarà più il nostro calcio. Il sentimento generale è che non ci sembra il caso di ricominciare e non solo per i tifosi ma anche per i calciatori stessi. Senza contare che se si ricominciasse sarebbe a porte chiuse e se così fosse si perderebbe la magia e non avrebbe molto senso”.
E hanno anche offerto spazio, gratuitamente, sui loro canali social, alle piccole attività commerciali in difficoltà per il lockdown.