Intervista a Repubblica: «Non ha senso tenere chiuse le fabbriche dove ci sono zero casi. Non si può prendere una misura in tutto il territorio nazionale. In Asia interdetti dalla nostra idea di riaprire con questi dati»
Su Repubblica un’intervista a Walter Ricciardi, membro dell’Oms e consigliere del Governo. Troppa fretta di riaprire, nelle regioni del Nord, dice.
«La fretta non si concilia con la saggezza. Dobbiamo avere un’attenzione massima per non far ripartire la malattia. Invito tutti a non correre. Le riaperture vanno fatte rispettando tre parametri. Il primo è la circolazione del virus. Non si possono far ripartire a cuor leggero le attività in aree geografiche dove è ancora molto presente. Penso a certe zone della Lombardia dove non ci sono elementi obiettivi per riaprire a maggio. Dobbiamo ricordare che questo coronavirus, nel giro di 15 giorni, da due casi arriva a 2mila contagiati. Ha avuto lo stesso andamento esponenziale in tutto il mondo».
Va poi considerato, aggiunge, il livello di rischio delle singole attività e controllato il sistema di trasporto, utilizzato dai lavoratori per gli spostamenti.
«Perché avere un ambiente di lavoro sicuro e poi raggiungerlo attraverso mezzi pubblici affollati non ha senso. Il terzo punto è l’attenzione assoluta che i datori devono avere riguardo alle misure di sicurezza».
Già ieri Ricciardi aveva dichiarato che il virus potrebbe riesplodere dopo l’estate e che saranno fondamentali il testing ed il tracking.
Oggi parla anche della possibilità di evitare gli spostamenti da una regione all’altra.
«L’idea giusta è fare una sorta di passaporto digitale. Le persone devono potersi muovere a seconda del loro stato infettivologico. Se dalla app sul telefonino risulta che sei immune, perché hai avuto la malattia o comunque hai gli anticorpi, puoi girare. Le persone suscettibili, cioè quelle che sono ancora esposte devono avere una mobilità condizionata, dalle aree ancora a rischio non devono entrare o uscire. Poi su questi soggetti vanno fatti controlli come la rilevazione della febbre quando entrano in certi spazi pubblici, tipo le stazioni».
Ha dunque senso, continua, ipotizzare di riaprire solo in certe regioni.
«Sì perché non ha senso tenere chiuse le fabbriche dove ci sono zero casi, o comunque pochi, e vengono rispettate le misure di distanziamento e le altre regole di sicurezza per i lavoratori. Non può invece succedere in regioni, province o aree dove ci sono ancora centinaia di nuovi casi ogni giorno. Si torna sempre lì, non si può prendere una misura in tutto il territorio nazionale indipendentemente dalla circolazione del virus».
Dichiara anche di essersi confrontato con i ministri della Salute dei paesi asiatici.
«Loro sono terrorizzati se hanno appena 10 o 20 nuovi casi in un giorno. Quando hanno visto i nostri numeri e hanno saputo che in certe zone stiamo prendendo in considerazione la riapertura sono rimasti interdetti».