Diamo un nome alle cose. L’arrivo di Maurizio Sarri sulla panchina del Napoli non può che avere il sapore del ridimensionamento. Nel giro di meno di due settimane, si passa dal contestato Rafa Benitez che è andato al Real Madrid (portando con sé Pecchia) alla successione affidata a un tecnico sì sperto ma che ha alle spalle un solo anno di serie A chiuso al 15esimo posto con l’Empoli, che non ha mai allenato una squadra che giocasse le Coppe. Addio all’europeizzazione, quindi. Addio a un processo che ha condotto il Napoli al 14esimo posto nel ranking Uefa.
Non ha torto il professor Trombetti quando si dichiara confuso dalla virata di Aurelio De Laurentiis che prima va a trattare Emery per proseguire sulla strada di un Napoli internazionale e poi vira su un allenatore che non si è mai seduto in panchina per una gara europea. Con Sarri e Giuntoli (dovrebbe essere lui il successore di Bigon), De Laurentiis sembra rinnegare ufficialmente il biennio Benitez. Ingaggia un allenatore con una storia e una personalità indubbiamente affascinanti ma che ha anche dichiarato che il suo calcio poco si addice a una grande piazza con un pubblico pretenzioso.
E tocchiamo subito un punto importante. La notizia dell’arrivo di Sarri ha immediatamente ottenuto un risultato importante: ha acquietato la piazza che ha vissuto due anni al di sopra delle proprie possibilità, e ha finito con lo smarrire il senso del proprio ruolo. L’ambiente Napoli ha sofferto di vertigini, ha avuto tanti giramenti di testa che spesso si è ritrovato a remare contro, a inveire contro la propria squadra. L’ultimo anno di Benitez è stato accompagnato da una contestazione cominciata a metà luglio e conclusasi con i fischi dopo Napoli-Lazio. Sono da contare sulle dita di una mano le partite in cui il San Paolo non ha fischiato o rumoreggiato.
Ci eravamo montati la testa. Succede a chi ha sempre frequentato luoghi considerati modesti e improvvisamente si ritrova catapultato in una serata di gala. Non sa più comportarsi e finisce col mangiare il tordo tutto intero perché non sa da dove cominciare per tagliarlo. Come Fantozzi.
Napoli si è smarrita. Quanto questo fuoco sia stato attizzato ad arte ancor prima dell’inizio della stagione non è dato sapere, anche se una serie di indizi sembrano ormai fin troppo chiari. L’ambiente giornalistico non ha digerito il Napoli europeo, o meglio l’esclusione dal Napoli europeo. Ci si è spinti a definire l’internazionalizzazione un concetto da maneggiare con cura, manco fosse l’uranio impoverito. Napoli, non si sa perché, continua ad accettare questa rappresentazione di sé che di fatto la equipara a un villaggio di primitivi che ha paura della civiltà.
Al “meritiamo di più” di stampa e pubblico, De Laurentiis ha risposto con il tecnico dell’Empoli e il direttore sportivo del Carpi. Francamente è difficile dargli torto. Se non vi sta bene il Real Madrid, se non vi sta bene una semifinale europea dopo 26 anni, se non vi sta bene essere tra le prime venti squadre in Europa, meglio regolarsi di conseguenza. Io rientro di un bel po’ di soldini, magari respiro per ripartire, investo nello stadio e voi vi rasserenate. Avete riempito il San Paolo con l’Intertoto e mi avete lasciato le gradinate semivuote con l’Arsenal in Champions League. Devo dedurne che non vi interessa. Non mi avete mai contestato quanto in questi due anni. In un anno le presenze al San Paolo si sono ridotte del venti per cento. Cosicché vi accontento.
Un presidente che, per carità, ha le sue responsabilità. Di fatto non ha protetto il progetto Benitez (anche se gli va riconosciuto l’impagabile merito di averlo portato qui, e con lui Higuain). Non ha mai fatto proprio il motto “spalla a spalla”. È intervenuto solo per salvare la pellaccia e scaricare tutti gli altri, compreso i giocatori. È il suo limite, cambia cavallo appena gli conviene, ed è questa l’incognita principale anche con Sarri. Il lavoro del napoletano di nascita ha bisogno di essere salvaguardato. Soprattutto all’inizio. Non deve prendere vento, altrimenti si brucia. Il che significa anche uscite pubbliche in momenti di difficoltà, cryptonite per De Laurentiis. Rafa Benitez aveva le spalle larghe, era un tecnico di rilievo internazionale (perdonate la parolaccia) e faceva da parafulmine. Infatti non è finito al Palicuocolo. Non sappiamo se un allenatore come Sarri avrà la stessa forza.
Perché è bene sgombrare il campo da un’illusione: Sarri non è Arrigo Sacchi. Potrebbe diventarlo, glielo auguriamo e ce lo auguriamo. Ma non lo è e non è detto che lo diventi. Con buona pace di Sconcerti e dello stesso Arrigo. È umanamente istruttivo che abbia fatto tanta gavetta. Ma appena si è avvicinato a piazze appena appena più calde ha fallito, vedi Verona e Perugia e perché no anche Sorrento. Proporlo come l’erede dell’omino di Fusignano è la prima trappola che possiamo tendergli. Il suo Empoli è piaciuto ma è arrivato 15esimo, dietro a Chievo, Verona, Sassuolo. Su 38 partite ne ha vinte solo otto (di cui una col Napoli del chiattone, sì). E siamo ben lontani dalle 59 partite giocate quest’anno dal Napoli che ha affrontato cinque competizioni.
A leggere in giro sembra che Benitez non capisse nulla e Sarri sia il nuovo guru del pallone. Viene persino ostentata una Coppa Italia dilettanti. Va tutto bene, ma non esageriamo. Oggi Sarri va anche di moda. Va altresì detto che non c’è uomo di campo che ne parli male. La sua professionalità, la sua competenza, la sua serietà, la sua capacità di aggiornarsi e tendere al miglioramento non sono messe in discussione da nessuno. Così come il suo essere una persona perbene, e non è affatto poco. Ma una cosa è lavorare nella placida Toscana di provincia, un’altra è farlo a Napoli.
Se vogliamo bene a lui e al Napoli dobbiamo toglierci Sacchi dall’orizzonte e accettare almeno un’eredità dell’ultimo biennio: lo spalla a spalla. Anche perché Sarri arriva a Napoli con un contratto modello Benitez (molto meno caro): uno più uno, con l’opzione per il secondo nelle mani di De Laurentiis. Segno che in fondo nemmeno il presidente è poi così convinto, senza trascurare la settimana di trattative.
Angelo Petrella scrive che Sarri potrebbe riuscire laddove in tanti, troppi, a Napoli hanno fallito: compattare l’ambiente. Qualche segnale, in questo senso, già c’è. Tranne qualche irriducibile, cui non andava bene lo spagnolo e non va bene nemmeno l’operaio colto, la gran parte dei giornalisti sembra ben disposta. Anche sull’onda di quella che considerano una rivincita personale. Persino la maggioranza dei tifosi sui social lo sono (ben disposti). È l’effetto benefico del ridimensionamento. Sparisce l’ansia. Il Napoli si proietta in una dimensione a noi più consona. Non c’è più il terrore di poter vincere, almeno non subito. Niente tordo. Oggi il quinto posto sarebbe più che ben accetto, anche senza semifinali di Coppa Italia e di Europa League. Soprattutto se all’arrivo di Sarri seguiranno due o tre cessioni eccellenti. Dalla campagna acquisti capiremo un po’ di cose. Bisogna comunque riconoscere che il presidente non ha mai fatto mistero di voler fare del Napoli una fucina di campioni. E Giuntoli sembra davvero l’uomo giusto, anche per dar vita a un settore giovanile degno di questo nome.
Si vedrà. Per il momento, in bocca al lupo a Maurizio Sarri e forza Napoli. Sempre.
Massimiliano Gallo