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Zaia: “Italia modello anti-virus d’Europa, ora ci aiutino finanziariamente”

Il governatore del Veneto al Corsera: “Non sono un burocrate, ma certi decreti andrebbero scritti con le Regioni, sarebbero più incisivi”

Zaia: “Italia modello anti-virus d’Europa, ora ci aiutino finanziariamente”

Il Corriere della Sera intervista il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Si dice amareggiato dal fatto che non ci sia, in Europa, un coordinamento per arginare l’emergenza sanitaria. E suggerisce che l’Europa dovrebbe dare un riconoscimento all’Italia per come ha indicato la strada da seguire per frenare i contagi Covid-19.

«Io sono europeista. Ma se si perde la solidarietà, è finita davvero. Non vogliamo tenere conto del fatto che i modelli contro la pandemia li abbiamo testati noi come Paese? Prima si studiava Wuhan, ora c’è un modello occidentale a cui guardare e sulla stampa estera ce lo riconoscono tutti i giorni. Quello è stato un aiuto per tutta l’Ue, no? Le nostre indicazioni non serviranno a tutti? Siamo stati in prima fila nell’affrontare l’immigrazione, i trattati in chiave franco-tedesca ci hanno sempre penalizzati, ora il nostro cuore  produttivo è in ginocchio e nessuno lo vuole sentire?».

Zaia interviene anche sull’ultimo decreto di Conte.

«Il decreto del presidente del Consiglio lascia la gestione delle deroghe alle prefetture… Insomma, quella del Dpcm non è una chiusura totale. Forse quella è raggiungibile solo in senso astratto, ma è pur vero che, fatte salve le filiere che devono restare aperte, su molti altri fronti c’è parecchia libertà d’interpretazione. E poi, io capisco l’emergenza, non sono un burocrate: ma certi decreti andrebbero scritti con le Regioni, lo dico con spirito di collaborazione. Sarebbero più incisivi».

Il governatore del Veneto ha qualcosa da dire anche sulla comunità scientifica.

«Penso che la comunità scientifica sia assolutamente autorevole. Però, certo: siamo passati da una semplice influenza a una pandemia, dalla mascherina che non serve a niente alla mascherina che è fondamentale. Oggi, se qualcuno ce lo venisse a chiedere lo possiamo dire: ci vogliono i tamponi, la mascherine e i respiratori meccanici. Eravamo attrezzati? Io penso che nel futuro sempre più noi misureremo le potenze da questo: quanto sono preparati gli Stati ad affrontare emergenze di questo genere? Quanto sono attrezzati i magazzini?».

Sulla sperimentazione dei farmaci in atto nella sua regione, dove ieri è iniziata quella del farmaco giapponese Avigan, dichiara:

«Sia chiaro: mai dobbiamo illudere i cittadini. Io però resto un inguaribile ottimista e credo che ogni strada, ogni opportunità, debba essere valutata. L’Avigan sarà la soluzione? Io non lo so, ma questo dubbio non può restare. Ne va della vita delle persone e anche della credibilità del sistema. In tempo di guerra, non ci possono essere 2.300 valutazioni. Dall’Aifa è venuto un bel segnale. E peraltro, noi stiamo testando altri sei farmaci».

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