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Il ministro Provenzano: «Se l’epidemia fosse scoppiata al Sud, sarebbe stata un’ecatombe»

Intervista al CorSera: «È il frutto del disinvestimento nella sanità pubblica e di alcune degenerazioni regionali. Abbiamo due settimane di tempo in più, non dobbiamo sprecarle»

Il ministro Provenzano: «Se l’epidemia fosse scoppiata al Sud, sarebbe stata un’ecatombe»

Il Corriere della Sera intervista Peppe Provenzano ministro per il Sud e la Coesione sociale. Il virus inizia a propagarsi anche nelle regioni meridionali.

«È presto per una valutazione completa. Si inizia a vedere una flessione del tasso di aumento, ma il contagio ancora cresce. Al Sud abbiamo due settimane di tempo in più, perché il virus si è diffuso dopo. Non dobbiamo sprecarle. Il distanziamento va applicato con la massima cura e intanto dobbiamo ampliare la disponibilità di letti in terapia intensiva. A Sud partivamo da quasi 1.700 posti, ora siamo a 2.400 e dobbiamo arrivare al più presto almeno a 3.500».

Il ministro parla anche della capacità del sistema sanitario meridionale di resistere all’impatto del virus.

«Se l’epidemia fosse scoppiata al Sud sarebbe stata un’ecatombe. Non lo dico con sollievo, ma con rabbia. È il frutto del disinvestimento nella sanità pubblica, di alcune degenerazioni regionali, della scelta di puntare sul privato. Ma mi lasci ricordare che i malati di Bergamo oggi sono accolti negli ospedali in Sicilia o in Puglia e che dei quasi ottomila medici che si sono fatti avanti per dare una mano in Lombardia, moltissimi sono del Sud. Tutto il Paese sta dando una prova di responsabilità».

Le regioni del Sud stanno attrezzando i loro reparti per resistere.

«Questa settimana dovrebbe entrare a regime l’approvvigionamento di macchinari e andranno distribuiti su tutto il territorio nazionale. Domenico Arcuri, il commissario straordinario, conosce bene le criticità del Sud. Lui rappresenta una garanzia».

C’è poi il problema del divario tra Nord e Sud.

«Va fatto di più sulle infrastrutture sociali e per ridurre i divari. Per la verità, lo avevamo messo in cantiere nel piano Sud 2030. Tragedie come questa uniscono un Paese, ma ne mettono anche in risalto le linee di faglia. Ad esempio fra chi può lavorare in smart working e chi subisce un divario digitale».

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