Il Corriere della Sera intervista Francesco Passerini, primo cittadino del paese in cui è cominciato il contagio Covid-19: «Non c’è stato un cittadino che sia venuto a protestare o a lamentarsi di qualcosa»
Il Corriere della Sera intervista Francesco Passerini, sindaco di Codogno, paese in cui è cominciata la strage del Covid-19. Era la notte tra il 21 e il 23 febbraio quando si registrò il primo malato in ospedale.
«E vabbè, da quel momento in poi niente è stato più lo stesso».
Il sindaco elogia i comportamenti responsabili dei suoi cittadini e di tutti quelli della prima zona rossa.
«Siamo stati i primi, appunto. Abbiamo metabolizzato le privazioni antivirus e forse è anche per quello che facciamo meno fatica a seguire i divieti arrivati dopo per tutti. Quel che sappiamo è che oggi i dati sui contagi ci fanno ben sperare».
Non è finita, per Codogno, ma i contagi crescono a ritmi blandi, prova che l’isolamento funziona.
«Non c’è stato un solo cittadino che sia venuto a protestare o a lamentarsi di qualcosa. Eppure di difficoltà ne abbiamo avute e vuole sapere una cosa? Nei quindici giorni del nostro isolamento, e anche dopo, nessuno è venuto ad aiutarci. Nessuno. Solo qualche giorno fa sono arrivati quattro medici dell’esercito. Nient’altro».
Codogno, insomma, se l’è dovuta cavare da sola.
Il sindaco racconta che la scelta più difficile da fare è stata quella di chiudere il cimitero. Ha privato tanti della possibilità di salutare i propri cari. E’ stata la prima cosa che ha fatto riaprire appena finiti i giorni di quarantena, con le dovute limitazioni alle visite. Perché anche se Codogno ne sta venendo fuori, non si può abbassare la guardia.