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Quel sorriso di Sarri è duro da digerire

Quel sorriso di Sarri è duro da digerire

Domenica è sempre domenica, giovedì no. Poche ma sentite parole. Proverò a dirle, partendo da una premessa: faccio fatica ad ammetterlo, ma della figuraccia rimediata a Empoli dal Napoli peggiore dell’anno – e sì che ce ne voleva – mi bruciano in particolare due immagini: il sorriso sotto i baffi di mister Sarri e l’esultanza arrogante di tal Saponara, ottimo giocatore questo va detto, che avrebbe poco da gioire se solo si ricordasse di essere stato messo alla porta da Pippo Inzaghi come indesiderabile o quasi. Ma questi sono fatti suoi.

Tornando al sorriso del mister nessun dubbio che sia quello dei toscani che hanno letto Malaparte e Montanelli e che sfoggiano quando sanno di averla fatta grossa. Benigni, al culmine del delirio, tenta di strappare gli attributi di Pippo Baudo, Sarri, con la tuta d’ordinanza e l’aspetto solo apparentemente dimesso del custode dello stadio non del tecnico che ha sfondato l’audience, avrebbe mille motivi di pavoneggiarsi dietro le quattro pallette rifilate al Napoli forse più avvilente di questa annata da montagne russe, ma preferisce il profilo basso ma furbo, condito, cioè, con quel ghigno che tradotto in parole significa grosso modo: vi ho messo in riga, da Napoli ho giocato io, voi vi siete comportati come una provinciale che sa di essere chiamata ad un impegno eccessivamente gravoso. Non so se Rafa quel sorriso l’ha visto, credo di no, ma lo invitiamo a riavvolgere il film del dopopartita perché così proverebbe la stessa nostra vergogna. E lo stesso invito va rivolto al presidente che ci ha mandato alla guerra con le sciabole di latte e i moschetti caricati a pallettoni di aria. Nella storia vera è successo, purtroppo, con il Napoli si rischia di ripeterlo anche in quella calcistica

Beh, per quanto mi riguarda credo di aver esaurito lo spazio riservato al commento, ma non posso congedarmi via senza stringere idealmente la mano a Guido Trombetti e dirgli che mi trovo perfettamente in linea con le considerazioni, amare ma essenziali, che ha fatto a caldo. Il prof è incazzato ma lucido, proviamo ad avere la stessa reazione. Che in soldoni significa mettiamo punto e guardiamo avanti anche perché il sorriso beffardo e canzonatorio di mister Sarri – soprattutto la seconda che ho detto – ci consiglia di piegarcela a libretto, come dicono giustappunto in Toscana per evitare di aggiungere scuorno a scuorno. Né, tantomeno, abbiamo voglia di immergerci in un’altra puntata della telenovela tra Rafa e don Aurè. A noi stanno a cuore solo ed esclusivamente le sorti della squadra e, al pari del professore, siamo, convinti che tutto è ancora possibile, perfino il doppio traguardo. I tre punti lasciati al Castellani rendono tutto più difficile, naturalmente, ma a cosa servirebbe fasciarsi la testa? Siamo realisti cioè Ghoulam, Koulibaly, Britos, Gargano e via continuando: l’organico del Napoli – non scopriamo l’America – è inferiore per qualità e quantità a quello delle concorrenti alla Champions, ma il potenziale offensivo è di gran lunga superiore e può compensare il gap. Tra alti e bassi anche quest’anno, sia pure con più affanno, siamo riusciti a rimanere sulla cresta dell’onda, ma ora è in ballo l’onore e la rivincita su quel sorriso più duro di una condanna con il quale mister ci ha detto di incartare i quattro palloni e di tornarcene a casa. La resa senza combattere, come quella esibita a Empoli e in tante altre circostanze, non sarà più essere tollerata. E neanche il crollo fisico come quello di Dorando Petri a cento metri dal traguardo. Domenica c’è il Milan, giovedì il Dnipro: allenatore, presidente e giocatori hanno l’obbligo di provarci fino in fondo. In ritiro o ognuno a casa propria, abbracciati o separati in casa. Il resto è fuffa. Come il gioco esibito ad Empoli.
Carlo Franco

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