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Negli anni Settanta c’era anche chi (l’Olanda) portava le mogli in ritiro e tutto sommato giocava benino

Negli anni Settanta c’era anche chi (l’Olanda) portava le mogli in ritiro e tutto sommato giocava benino

A proposito dei ritiri nel calcio, riproponiamo un pezzo molto gustoso dal sito de L’Arena di Verona di Raffaele Tomelleri

In principio fu l’Olanda. L’arancia meccanica dei tulipani, Cruyff&Neeskens e compagnia cantante. Uno spettacolo. Calcio totale e libertà di costumi, “portate pure le mogli in ritiro, tanto siamo più forti”. Era vero, pazienza se quell’Olanda si bruciò due finali mondiali, la colpa non fu di sicuro delle mogli in ritiro. La prima, estate del ’74, gli arancioni la persero in Germania contro i panzer, rigore lampo di Neeskens, uno-due di Gerd Muller. La seconda gliela scipparono quattro anni dopo, era l’Argentina dei militari, l’arbitro era Gonella, nessuno ci fece una gran figura in quella finale già scritta. Amen.

Dove eravamo rimasti? Ah sì, alle mogli in ritiro. Quell’Olanda stupì il mondo anche per quello. Riscrisse le regole del calcio, buttò via i lucchetti, cancellò ogni tabù. Le mogli in ritiro, massima libertà, “perchè l’amore non fa male ai campioni”, sentenziò Rinus Michels, l’artefice dell’Arancia Meccanica. Erano i favolosi anni ’70. Oh, attenzione, non che il problema fosse nato allora, eh… C’è un’enciclopedia da sfogliare, basta avere pazienza. 

Da dove cominciamo? Ricordate Meazza? Sì, il grande Pepin, uno dei più grandi giocatori italiani di ogni tempo. Beh, che ti combina il Pepin, nel glorioso (e lontanissimo…) ’37? Si gioca Inter-Juve, mica una partitella. Tutti pronti, “…ma dov’è il Pepin?”. Già, dov’è il Pepin. L’allenatore guarda i giocatori, i giocatori guardano il soffitto, i dirigenti guardano l’allenatore e i giocatori. Nessuno sa dove sia Meazza. A un certo punto parte il massaggiatore (i massaggiatori sono sempre i custodi dei segreti di spogliatoio…) assieme all’autista e viaggiano verso il centro. “Mi porti in quella casa chiusa” butta lì il massaggiatore. Vanno, suonano, entrano. Meazza è a letto, dorme ancora dopo una notevole prestazione, così la racconta lui al massaggiatore. “Vieni, andiamo allo stadio”. Meazza va giù, s’infila la maglia numero 9, va in campo, fa due gol alla Juve. “Mai stato così bene in vita mia”.

Un salto nel tempo, anni ’60, stavolta l’altra sponda di Milano. Paron Rocco era uomo di mondo. Amava calcio e cucina alla stessa maniera. “E no solo quela, toco de mona…” direbbe oggi. Rocco era severissimo, ma fino a un certo punto. Ogni tanto chiudeva un occhio, a volte anche due. “Elo tornà?” chiedeva al dottor Monti, incaricato del giro d’ispezione notturna. Ogni squadra, o quasi, aveva la sua “pecora nera”. “Se lè tornà, semo a posto”. Il Paron era così. Non come Picchi, sì il grande Armando, quando divenne allenatore della Juve. Helmut Haller se ne va dal ritiro e lui lo va a riprendere, portandolo a casa per un orecchio. 

Un altro che marcava fisso era Oronzo Pugliese. Ai tempi del Bologna, il “mago di Turi”, per seguire Bruno Pace, strepitoso tombeur de femme, finì per nascondersi nei sedili posteriori della sua auto. E Liedholm? Beh, il Barone giocatore trmandò una leggenda. «Io faccio l’amore oggi, poi tra sette giorni, poi tra quattordici e poi tra 21». La sua tabella di marcia prevedeva poi un cammino al contrario. Storico, da allenatore il suo ritiro imposto al Verona di Garonzi, in lotta per la serie A. “Per sei mesi andammo a Rovereto – ricorda spesso Gianni Bui – partendo il martedì e restando fino alla domenica sera”. 

Restando a Verona, celebre è anche l’episodio che vide protagonista Thomas Berthold, sempre a Milano. Vigilia di un Milan-Verona, sabato sera, il massaggiatore Stefani fa il giro delle camere. Tutti a letto, tutti meno uno: Berhold. “Mister – dice a Bagnoli – Thomas non c’è”. E Bagnoli: “Mettigli un biglietto sul letto. Gli scrivi: quando torni, il mister ti aspetta nella sua stanza”. Berthold bussò da Bagnoli, più o meno alle 6 del mattino, sembra, dopo aver “cantato” con Loredana Bertè. IL giorno dopo un improvviso “malanno” lo costrinse a starsene in tribuna…
Raffaele Tomelleri

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