Lucia Annunziata ha intervistato Antonella Leardi e Giovanni Esposito, i genitori di Ciro, a seguito degli striscioni esposti sabato in occasione della partita con la Roma. Ecco quanto evidenziato.
Parliamo perché il calcio che continua a essere un mondo che ribolle e segnala l’incapacità dello stato di intervenire. Non vogliamo assommare le persone e le tifoserie ma alla vigilia di pasqua più di uno striscione è comparso a Roma in cui veniva insultata Antonella per aver scritto un libro “Ciro vive”. Sono insulti gratuiti per cui non possiamo tacere.
Signore esposito lei che reazione ha avuto quando ha visto questi striscioni?
«Come padre penso che chi ha ucciso mio figlio non dovrebbe nemmeno esistere. Poi chi scrive queste cose se è d’accordo con Daniele ha problemi perché lui è peggio dei killer, usa pallottole peggiori dei killer».
A Napoli oggi si gioca Napoli Fiorentina, la stessa partita di allora. Si teme e si pensa che ci possano essere reazioni da parte dei tifosi napoletani per quegli striscioni, ma anche contro la Lazio non è accaduto nulla, perché i tifosi hanno recepito il messaggio della signora Antonella che non si deve replicare alla violenza e agli insulti.
Signora il suo ruolo fino ad oggi è stato infinitamente positivo e propositivo. Lei cosa pensa di questi striscioni? Come definisce queste persone?
«Non li definisco infami, ma credo che siano persone che hanno un cuore arido che difficilmente riescono a mettersi nei panni altrui. Noi andiamo in giro per parlare di Ciro e non abbiamo mai avuto un euro e i proventi del libro vengono devoluti all’associazione Ciro Vive. Il libro è un intervista di cui siamo stati tutti partecipi, si parla di Ciro e di tutti i figli, che escono per andare a vedere una partita di calcio della propria squadra».
Vi aspettavate questi striscioni?
«No, e non riusciamo a capire come si possa essere dalla parte di Gastone(De Santis). Ovviamente non parlo di tutti i romani. Penso che, come è successo per il San Paolo, avrebbero dovuto chiedere tutto lo stadio e non solo la curva».
Lo stato in questo anno ha fatto ciò che doveva per aiutarvi?
«Abbiamo avuto tanti attestati di stima e ci sono tante persone che mi assistono e mi proteggono, ma non ho paure materiali, ho paura di violenze verbali. Mandano insulti anche sulla mail dell’associazione e psicologicamente pesante. Anche stare davanti ad una telecamera come oggi mi mette ansia, ma l’ho fatto perché da subito volevano infangare mio figlio e il mio istinto materno mi ha fatto fare questo. Adesso vogliono infangare me».
Questi insulti nascondo una forma di violenza anche contro le donne o è solo tifoseria?
«Questi nono sono tifosi, i veri tifosi sono quelli come Ciro e ce ne sono tanti, romanisti, laziali, napoletani. Io ho scelto di non vivere il mio lutto in casa perché ho sposato una causa, di andare avanti affinché qualcosa possa cambiare in questo calcio».
Ma lo potete fare voi?
«L’associazione Ciro Vive ha questo scopo, riunire le altre associazioni affinché lo sport torni ad essere aggregazione».
Pensate che ci sia bisogno anche dell’intervento dello stato?
«Noi siamo stati una scintilla ma speriamo possa divampare l’incendio, perché senza l’appoggio dello stato e delle società non possiamo fare nulla».
Il giorno in cui fu ferito a morte Ciro allo stadio uscì fuori un personaggio inquietante, Genny a carogna e fu un fatto terrorizzante.
«Lo hanno voluto far vedere così. Dopo il ferimento di Ciro c’era il problema se fermare la partita, ma le trattative c’erano in entrambe le curve, Genny è stato strumentalizzato per far parlare di lui e non far parlare di Ciro. Sono dieci anni che il tifo è in mano a certi personaggi, non è da oggi».
Il presidente della Roma Pallotta vi ha chiamato dopo l’episodio di sabato?
«Ci eravamo già sentiti altre volte con Pallotta e per questo non capisco tutto questo odio nei miei confronti. Mi hanno accusato di aver parlato male di Totti ma non è affatto vero, lui si è comportato male e penso che come ci sia il daspo per i tifosi dovrebbe esistere anche per i giocatori».
C’è qualcosa che voi volete non solo dal mondo sportivo. Qualcosa che la politica potrebbe fare?
«Questa è la nostra richiesta da sempre, vorremmo arrivare a uno stadio senza barriere, vorremmo che nessuno debba morire per andare a vedere una partita di calcio. Questa deve essere competenza dello stadio e delle società sportive».