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La crisi del Napoli è un mistero. Eppure è lì: o si è fiduciosi o ci si sfoga, ciascuno sceglie la propria strada

La crisi del Napoli è un mistero. Eppure è lì: o si è fiduciosi o ci si sfoga, ciascuno sceglie la propria strada

Breve premessa dedicata a quegli zotici che hanno interpretato l’articolo di ieri a proposito della zona franca delle curve d’Italia come un voler sviare l’attenzione dalla crisi di risultati del Napoli: non dico che mi avete sorpreso, però con un atto di fiducia ho tolto il post scriptum alla fine del pezzo; ho pensato tra me e me: dai, non arriveranno a tanto. E mi sbagliavo.  

Eccoci al Napoli. È sorprendente che ci si debba difendere in casa propria, l’ho già scritto altre volte. Mi costituisco: sono un tifoso del Napoli, educato, sì educato, a sostenere la squadra; mio nonno mi cazziava persino quando volevo portare la radiolina alla stadio: si pensa solo al Napoli. E, lo ripeto, non mi era mai capitato di assistere a tanto livore. Magari è solo una questione d’età, ai miei tempi i social network non c‘erano ed era tutto diverso.

Ma veniamo al Napoli, al disastroso Napoli allenato da Rafael Benitez autentico pomo della discordia. Il Napoli ha perso a Roma uno a zero. Ha incassato la quarta sconfitta esterna consecutiva in campionato. Ha undici punti in meno rispetto allo scorso campionato. È al sesto posto in serie A, a otto punti dalla terza classificata. Bilancio: torneo deludente, posizione in classifica ampiamente al di sotto delle aspettative. Il Napoli non vince in campionato da più di un mese, dal successo casalingo contro il Sassuolo. È crisi? Non lo so. Di certo la squadra ha smarrito quella consapevolezza di sé che fa la differenza. Ci sono partite che si vincono con la testa e con l’autostima; altre che si perdono per gli stessi motivi uguali e contrari. C’era delusione quando eravamo terzi in rimonta sulla Roma, figuriamoci adesso. 

Il Napoli ha perso a Roma una partita assurda. Contro una formazione ampiamente rimaneggiata e che di fatto ha tirato una sola volta in porta, fatta eccezione per un paio di contropiedi mentre noi eravamo sbilanciati. Andujar non ha compiuto una parata. Di contro, il Napoli ha costruito un bel po’ di palle gol ma non le ha mai sfruttate. Non che abbia giocato una gran partita, ma ha giocato. Scarsa soddisfazione. Non mi sembra una crisi di gioco. Né a me né ad altri. Potrei raccontarvi le facce dei romanisti al mio fianco all’Olimpico: erano terrorizzati, non riuscivano a uscire dalla metà campo. Ma tant’è. Il Napoli raramente è stato messo sotto quest’anno. Abbiamo un evidente problema in zona tiro e nell’ultimo passaggio. Carenza che ci affligge dall’inizio della stagione, da quel maledetto preliminare di Champions in cui non credemmo ai nostri occhi quando Callejon scaraventò fuori quel pallone che l’anno precedente avrebbe incrociato senza problemi nella rete avversaria. E non parlo dell’arbitraggio, ormai non se ne può parlare altrimenti ci si appiglia a un alibi. Mah.

Che cosa è successo? Non lo so. Non lo so io. Sembra non saperlo nemmeno Benitez (e qui la sua frase di ieri: “È un mistero anche per me” potrebbe dar vita a critiche anche ragionevoli). E non lo sanno nemmeno i cervelloni che riducono il calcio a statistica. In settimana abbiamo pubblicato un articolo scientifico tratto dal sito L’Ultimo uomo in cui, dati alla mano, si evidenziava come il Napoli fosse un mistero: crea più palle gol di tutta la serie A, è tra le squadre che subisce di meno, eppure è sesta in campionato.

Qui dovrei dilungarmi su quell’impero della flatulenza che è diventato facebook e sulla bile dei tifosi del Napoli. Non lo faccio altrimenti mi si dice che addosso loro la responsabilità dei risultati. Dico solo questo: poiché vi interessa festeggiare, rimanete tranquillamente a casa, quando vinciamo vi veniamo a citofonare e scendete a fare i pazzi. Qualche chance vi è rimasta persino quest’anno.

Contrariamente alle mie recenti abitudini, questa mattina ho letto anche i quotidiani e non mi sembra di aver scorto analisi puntute e convincenti. Il Mattino – che dopo la sconfitta con lo Young Boys chiese a De Laurentiis di esonerare Benitez – si limita, in un editoriale di Francesco De Luca, a criticare la formazione: “Benitez ha sbagliato a non schierare dal 1’ Gabbiadini, punta che inquadra sempre la porta, e a lasciare fuori due giocatori, Koulibaly e Gargano, che avrebbero dato spessore a difesa e a centrocampo”. Insomma, nulla di trascendentale, ordinaria amministrazione. Critiche gettate lì nell’ottica di seguire il corpaccione sperando che porti qualche copia in più. È anche comprensibile, per carità, dal loro punto di vista. Ma anche i detrattori annaspano. Ci sarebbe poi il livore della Gazzetta dello sport. Tutto sommato, a parte il rancore, non emerge nulla che accenda la lampadina. Nulla che spieghi la misteriosa crisi del Napoli. Su Twitter il giornalista della Rai Lollobrigida ha criticato la sostituzione di Higuain: ma davvero? Ma se nel secondo tempo in pratica non ha toccato palla. Se, come ha scritto il Ciuccio, l’ha presa meno volte di Andujar. Di cosa parliamo?  

Ci si potrebbe appigliare alla campagna acquisti. Lo dico da rafaelita: questo Napoli è più forte della Sampdoria, anche della Fiorentina e della Lazio. 

E allora? E allora a questa crisi si può rispondere solo con la maleducazione e con lo sfogo. Lo dico sinceramente, non c’è altra strada. Resto profondamente stupito di fronte a tanta disumana collera ma va così. E forse è l’unica soluzione. Ed è la via che include il “ciccione, la palla di sivo, le visite ai musei invece di pensare al Napoli” e tutto l’armamentario che ben conosciamo. Ce ne sarebbe anche un’altra: comprendere che la strada che conduce ai risultati è lunga e tortuosa, che le cadute sono dietro l’angolo, che le vittorie nascono dalle sconfitte (sì, è in arrivo la tiritera su Klopp e Ferguson). Persino Schumacher prima dei cinque mondiali consecutivi fu costretto a ingoiare un bel po’ di bocconi amari con la Ferrari. È la storia dello sport. Alberto Tomba, un fuoriclasse immenso, il suo Mondiale lo ha vinto quando ormai nessuno ci credeva più (sì, aveva vinto le Olimpiadi lo so, so tutto di lui).

Per carità, sono parole al vento. Ci ritiriamo in buon ordine. Resto dell’idea che Benitez – responsabile dei risultati – ne sappia più di noi. Che i calciatori siano in grado di risollevarsi. Che la stagione non sia ancora da buttare. Certo, potremmo anche ritrovarci fuori dalle coppe (al momento lo siamo) e sarebbe in tutta onestà un fallimento. Ma non è finita. Non ancora. A me il Napoli di ieri non è dispiaciuto. Tornando a casa, ieri pomeriggio, mani in tasca sul ponte della musica, mi sono ricordato di quando di ritorno da Budapest, nel cuore della notte, scesi a Venezia. Presi un treno per Milano e bussai alle cinque del mattino a mio zio a Como: “domani c’è Milan-Napoli, andiamo”. Maldini segnò dopo 38 secondi, ne prendemmo cinque. Quante volte sono tornato con le mani in tasca a testa bassa. Se sono rafaelita è perché ero e sono convinto che con lui sarebbe successo e succederà meno volte. Nessun timore di difendere la propria posizione. Da tifoso del Napoli, sono avvezzo alle sconfitte. Ma il triplice fischio finale è ancora lontano.
Massimiliano Gallo 

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