Proponiamo un articolo tratto dal blog “il teodolite” (clicca qui per l’originale)
Faccio fatica a definire il salvatore della patria, così come i padri della patria, che se esistessero condannerebbero tutti i cittadini a quella pietà filiale pigra e inconcludente che Carmelo Bene ha così ben mostrato nel suo Amleto laforghiano. Invece gradisco di più il cittadino attivo, con una coscienza radicata nella sua psiche dai saldi mutamenti; purtroppo il termine psiche, nel passaggio dal greco, ha scambiato una i greca con una più modesta i, facendo crollare un mondo. La psyché degli antichi era presentata con efficacia dalle parole di Achille nel IX Libro dell’Iliade:
“Tripodi, e bei cavalli sì si comprano;
Dell’uomo l’alma a ritornar non predasi,
Nè si racquista, allorchè varcò i denti”
Nel testo originale, l’alma è indicata con il termine psyché, ed era elemento freddo ma non statico, trattenuto dai denti stretti nella loro stessa morsa, azione efficacemente onomatopeica più che altro. Oggi però, siamo più disposti all’equivoco psicologico, come lo definì sempre il sommo salentino, che all’irrequietezza, all’ardore, più disposti a una serenità sciatta che ai reali moti dell’animo umano.
Il cittadino, nella sua pigrizia, conta sul Masaniello di turno, che finirà inevitabilmente col battezzare il suo popolo con la sua stessa sconfitta. Riusciremo mai a recuperare il nostro orgoglio? A faticare per riforgiarlo e poi difenderlo? Non lo so, ma penso che la materia su cui poter lavorare sia a portata di mano.
Chi scrive è Napoletano, lontano dalla patria, ma pur sempre un Napoletano e innamorato della sua città e della sua nazione, l’Italia; inoltre, l’autore di queste parole sconclusionate veicola la sua passione per la sua calda terra attraverso la bellezza del calcio, anzi del soccer, termine che preferisce per il poco uso che se ne fa e per la capacità di sintesi con cui esprime questo sport in termini di associazione di uomini.
Il soccer, come tutti gli sport, porta in sé tutte le contraddizioni della psyché , attorcigliandola in radici rugose come quelle di una quercia: esiste il caso che ti scaraventa con pari violenza sia verso una vittoria che verso una sconfitta, esistono giovani bellissimi che lottano secondo regole ben precise sotto gli occhi assatanati di tifoserie ribollenti; i maldestri sono ben accetti, dovendo dimenticare le mani a patto di non accettare la solitudine dell’ultimo dei difensori; i piedi devono reggere i corpi e allo stesso tempo calciare un globo dalla gravità ribaltata, secondo una fisica inattesa e sconosciuta. Tutto è dentro e fuori dell’umano, tutto è bellezza. Anche i tifosi hanno ruoli e responsabilità, risucchiati da questo inferno da arena, il principale dei quali è il rispetto per la bellezza.
La mia squadra del cuore si è scontrata, nell’ultima giornata di campionato, con il Verona, fuori casa: ha vinto chi ha giocato, ha perso chi se ne è astenuto. Complimenti ai vincitori.
Veniamo ai tifosi, a quelle fila di cittadini pigri e irresponsabili: quale bellezza ci può mai essere nella masochistica offesa ad un beniamino della tifoseria avversaria? Quale orgoglio c’è, da parte degli offesi, a non reagire difendendo l’amato? Sul razzismo di alcuni tifosi del Verona ho poco da dire: voi che i lavoratori li apprezzate, lasciate a casa questi mediocri che con poca classe si scagliano contro una persona che lavora, e bene, solo per ferire noi; sperare di ferire qualcuno deridendone l’aspetto fisico è razzismo, e Verona non merita i razzisti.
Ai miei concittadini dico: cosa aspettate a farvi sentire? L’era dei capipopolo è finita, ed è bene che sia così; smettetela di rifugiarvi nei caffè e nelle botteghe dei barbieri per dire che volete vincere, e riconoscete una realtà anomala per la nostra città, quella di una società sportiva con la migliore conduzione economica della serie A, allenata da una persona seria, colta, che potrà sbagliare ma che guida comunque una squadra che ha vinto una supercoppa, che lotta per il terzo se non per il secondo posto in campionato, e che è nel pieno di due coppe. Tutta la malinconia per i tempi andati, non parliamo di quella dell’era borbonica e delle sue millantate glorie, è pigrizia, come quella dell’Amleto di Bene e Laforgue; abbandonate la speranza del capopopolo alla Masaniello, utile ad ottenere qualche sporadico picco di gloria che a nulla porterà, e accettate la fatica proposta da Mister Rafael Benitez per dare vita ad una realtà vincente aldilà delle nostre aspettative!
Dimenticati i miracolosi capibanda, le rivolte hanno bisogno di uomini, i quali hanno a loro volta la necessità di chi ne sostenga il messaggio e l’operato.
Torniamo ad essere cittadini attivi, ricostruiamo il nostro orgoglio.
Io sto col Ciccione, sto con Mister Rafael Benitez.
il Teodolite