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Sono una russa napoletana, ho preso la Circumvesuviana e quando gioca il Napoli divento Kita Mmuortova

Sono una russa napoletana, ho preso la Circumvesuviana e quando gioca il Napoli divento Kita Mmuortova

Ciao, mi chiamo Jane Bobkova, sono una russa piena di napoletanità, tifo il Napoli e faccio l’ambasciatrice di Pino Daniele e Tony Tammaro a Mosca.

Ogni tanto mi presento così per far pariare i napoletani, ma alla fine è anche vero.

*la Napoli

La prima volta quando sono andata a Napoli (o quasi) è stata a Boscotrecase, dove sono arrivata tramite Circumvesuviana per un evento mediatico. Chi mi conosce bene sa che “un’occasione particolare” è un modo migliore per me di cominciare qualsiasi storia (pure il posto dove ho cominciato a studiare italiano è stato Reggio Calabria). In quel momento la mia esperienza “napoletana“ si limitava Al film “Passione“ di John Turturro (mi è piaciuto molto) che ho visto durante un festival in Russia (dovremmo essere sinceri: non ho capito quasi nessuna parola delle canzoni tranne gli articoli, e non posso neanche esserne sicura), quindi la mia formazione napoletana lasciava ancora molto a desiderare.

Poi, piano piano, ho passato più tempo proprio a Napoli, tornandoci, e più ci stavo più volevo “approfondire” la mia conoscenza. Mi attiravano sempre i posti diversi a tutto quello che ho visto prima, ed è stato proprio lì, tre anni fa, dove ho trovato un contrasto che mi ha incuriosito di più. Ho deciso di passarci alcuni mesi da sola, subito dopo la mia laurea a Mosca: volevo “capire” la città attraverso la gente che ci vive (questo per me vuol dire “viaggiare”) e cercare di farlo nella sua lingua. Napoli ha la sua “verità nascosta” e per me è proprio la diversità che la rende così particolare.

(Ma alla fine anche le felicità semplici: la pizza napoletana rimane un campione internazionale assoluto per me).

Stare a Napoli e non voler imparare la lingua napoletana (riconosciuta dall’Unesco, come aggiungerebbero i napoletani ogni volta che gli stranieri come me cercano di chiamarla “un dialetto”) mi sembra proprio illogico: le situazioni e le storie che incontri anche per strada e la possibilità di interagire sono per me una grande parte del suo fascino, quindi è una sfida che dovrebbe essere per forza accettata (e che mi fa aggiornare sempre il mio dizionario delle frasi in napoletano che dico all’improvviso nelle varie situazioni casuali, sia in Italia che in Russia: funziona sempre benissimo).

Ho scoperto anche la musica e il cinema locale: per esempio mi sorprende ancora come mai i film di Celentano sono così famosi in Russia e nessuno ha ancora mai sentito di Totò o Massimo Troisi (ci penso io però, state senza pensieri).

Mentre stavo a Napoli ho incontrato della bella gente che mi ha insegnato tanto (anche senza accorgersene) ed è diventata uno dei motivi principali per cui così spesso mi viene voglia di tornare. Intendo anche i pescivendoli di Montesanto, controllori di Cumana, ciclisti velocissimi di Lungomare Libberato, uaglioni brillanti dei The Jackal (in realtà li metterei sicuramente prima dei pescivendoli, ma volevo creare un po’ di suspense).

Ci rimane comunque un fatto che merita una sezione separata quando si parla di Napoli: il calcio.

*il Napoli

Una settimana fa ho scoperto che il 19 marzo il Napoli giocherà contro Dimamo, e per quanto sembra la partita sarà allo stadio Arena Khimki di Melito di Mosca (la mia città a nord del capitale russo, e sì, in realtà è il mio neologismo personale che però i veri partenopei sempre riescono a capire).

I napoletani non mi chiedono più chi andrò a tifare: erano proprio loro ad influenzarmi così tanto che ora tengo pure ‘na maglietta azzurra “Higuaín” nell’armadio (e non “Higuainov”, che invece avrebbe potuto creare dei dubbi).

Ho visto le partite del Napoli varie volte con amici napoletani (senza essere ancora mai stata allo stadio San Paolo: la prossima volta devo sicuramente recuperare): col tempo ho realizzato di continuare a seguire la squadra anche da sola, e in diverse situazioni. Pure quando ho fatto uno scalo aereo a Berlino la stessa sera mi sono trovata a uno sport bar tedesco a beccare la partita degli azzurri, e non mi sorprendo più.

Un anno fa mi sono iscritta a un gruppo su Facebook, “Club Napoli Mosca”, e dopo poco sono andata a vedere la mia prima partita del Napoli a Mosca con i ragazzi che l’hanno organizzato. Era contro la Lazio, e tutto il pub dove trasmettevano Sky Sport era pieno di italiani (primo piano – solo per i napoletani (me inclusa, in questo caso), piano terra – per i romani). Tutto questo succedeva al centro di Mosca: mi ricordo che questo fatto mi ha colpito molto (gli unici due russi che sono venuti solo per la birra hanno deciso di andarsene quasi subito).

Così ho conosciuto questa bella ggente: “napoletani moscoviti”, con cui poi abbiamo visto anche le altre partite, abbiamo festeggiato e cantato “A Me Me Piace ‘o Blues” e “‘O Trerrote” con la chitarra nei posti pubblici russi.

L’ultima volta che ci siamo riuniti è stata alla finale di Supercoppa questo dicembre, quando eravamo in pochissimi visto che quasi tutti erano già tornati a Napoli per Natale (e con tanti juventini vicino, pure quella volta).

Sappiate che mentre quel giorno a Napoli tifavate, bestemmiavate (anch’io durante la partita certe volte mi trasformavo in Kita Mmuortova) e festeggiavate la coppa in un altro paese c’erano tre napoletani moscoviti che lo condividevano pienamente.

Siate sicuri che il 19 marzo, alla gara di ritorno fuori casa, avrete pure i vostri reporter personali allo stadio.
Jane Bobkova


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