ilNapolista

Inter-Napoli è una partita. L’idea di far esonerare Mazzarri non mi eccita

Inter-Napoli è una partita. L’idea di far esonerare Mazzarri non mi eccita

È la settimana di Inter-Napoli, fai attenzione. Ci perdonerà Lucio Dalla, ma ci attendono sette giorni intensi e una serata domenicale che potrebbe far uscire dalle saettelle i demoni che gli shadow hunters faticosamente hanno provveduto a neutralizzare. Chi non è pratico di adolescenti, se ne faccia una ragione. Oppure provi con Google. 

Eppure, eppure io proprio non ce la faccio a considerare quest’Inter-Napoli LA partita. Non può essere LA partita in sé (continuo a considerarla la cugina di tutte le partite, altro che madre), è purtroppo – per il clima in cui siamo immersi – una partita che potrà avere conseguenze particolarmente fastidiose (e torniamo agli shadow hunters). Le cosiddette vedove di Mazzarri sono tra noi; sono un po’ come i laziali a Roma: spesso non li vedi e non li senti, poi magari vincono un derby e spuntano come i funghi. Spesso sono insospettabili. Le vedove sono un po’ così.

Eppure non ce la faccio ad appassionarmi oltre misura a una partita che considero importante. Non fondamentale. Non mi carica la prospettiva di contribuire all’esonero (e nemmeno glielo auguro) di un tecnico che magari ho considerato distante dal mio modo di intendere il calcio ma verso il quale non posso che essere riconoscente. Mazzarri è il tecnico che ci ha fatto prendere l’ascensore. È innegabile. È l’allenatore che ci ha fatto acquisire consapevolezza. L’uomo che ci ha portato ai vertici del calcio italiano. Con lui in panchina, sia pure senza mai davvero entrare nel vivo, abbiamo lottato per due volte per lo scudetto.

Non gli ho mai criticato la gestione tattica. Non ho la capacità per farlo. Ho sempre pensato, come ha scritto Monti sul Corriere della Sera, che Mazzarri avesse un problema di tenuta nervosa. Uso spesso metafore tennistiche – è lo sport che ho praticato – e Mazzarri sarebbe quel classico giocatore cui viene il braccino nei momenti chiave. È un limite non da poco. Che a una certa età si consolida e può divenire insormontabile. Oltre a essere un pessimo comunicatore. Ma l’idea di contribuire a scalzarlo dalla panchina interista non mi eccita. 

Sono semmai concentrato su altro. Come scritto la scorsa settimana a proposito del premio partita che poi non c’era, il Napoli, il Napoli di Benitez deve avere un’altra prospettiva. Siamo settimi in classifica e non possiamo considerare determinante lo scontro con una squadra che è dietro di due punti in classifica. In quest’ambiente – che potremmo definire intriso di disfattismo, dove i processi sono partiti ancor prima di disputare il primo incontro ufficiale della stagione – sembriamo marziani. Inter-Napoli resta una sfida importante, una classica. A me ricorda le sfide degli anni Ottanta, impossibili da vincere a San Siro persino per il Napoli di Maradona. Perdemmo anche nell’anno dello scudetto. Anzi, degli scudetti. Ad altri – ancora più in là nel tempo – fanno tornare alla memoria l’arbitro Gonella e Boninsegna. 

Questa sarà determinante solo per l’atmosfera che si respirerà in città al triplice fischio finale. Ma dopo sei giornate di campionato, il Napoli ha una stagione davanti a sé. E la curiosità è rivolta ad altro: a come la squadra di Benitez affronterà questa seconda tranche di campionato, fino alla sfida del primo novembre con la Roma (incontro sì che considero determinante per capire le ambizioni del Napoli). 

Soprattutto, l’ambizione è di ritrovare una squadra sempre più compatta. Giornata dopo giornata. Una squadra sempre più spesso col pallino del gioco in mano e che prima o poi ritroverà i gol dei suoi giocatori più importanti: da Hamsik (che in Nazionale ha giocato persino da centravanti tattico) a Higuain. Un Napoli che già contro il Torino ha ritrovato Insigne e che ha cominciato a intravedere squarci di luce dal contestato Michu: sua la traversa, suo il pallone conquistato e servito a Higuain nell’azione del palo di Insigne e dei successivi errori di Gonzalo; suo l’assist a Insigne per il secondo gol sbagliato da Lorenzo. Per non parlare di Koulibaly, considerato acerbo fino a qualche settimana fa e che invece sta mostrando sorprendenti passi in avanti. Restano ancora le lacune. Su tutti, la sicurezza del portiere e la solidità di Albiol.

Ma è una squadra – per dirla con le parole di Leo, napolista del Lago di Garda che vive Monaco di Baviera che chiamò in radio la scorsa settimana – che “gioca benissimo, solo che non ce ne accorgiamo”. L’Inter è il primo ostacolo, ma il cammino è lungo, molto lungo. Ottenere o meno l’esonero di Mazzarri per me è del tutto ininfluente. 
Massimiliano Gallo

p.s. ah dimenticavo, è già partito il toto allenatori e qualcuno ha scritto che De Laurentiis ha venduto il Napoli. Il nipote del vicino della cognata…

ilnapolista © riproduzione riservata