ilNapolista

Da integralista a professore: Napoli cambia idea su Benitez in 15 giorni

Per coloro i quali non lo ricordassero, Atalanta-Napoli si è giocata appena quindici giorni fa. Sembra passato un secolo, ma sono due settimane. Sarebbe divertente andare a ripescare tutto quel che fu scritto dopo quella domenica. E magari anche quello pubblicato in precedenza. Ce ne sarebbe per una vita intera, per dirla alla Céline. In quindici giorni, la Napoli che presume di fare opinione ha cambiato idea. L’uomo che non capisce il calcio italiano, l’integralista, il cantiniere, colui il quale sta portando allo sfascio il Napoli, si è improvvisamente trasformato nell’allenatore che ha fatto più punti di tutti i precedenti tecnici nelle prime 24 partite alla guida degli azzurri. E sì, perché la classifica stilata due settimane fa dal Ciuccio è stata ripresa da tanti giornali (solo il Corriere dello Sport ha citato) per dimostrare che il cammino di Benitez adesso è sovrapponibile a quello che porta la firma di Albertino Bigon nella stagione 1989-90 (non ricordiamo come finì): 50 punti per entrambi.

E non solo. Persino sul mercato – giudicato modesto – si sono dovuti ricredere. Mannaggia a questo Rafa – coadiuvato da Bigon, stavolta Riccardo – non sbaglia un colpo. Non hanno sbagliato Jorginho né hanno toppato Ghoulam che sembra giocare nel Napoli da una vita. Resta da vedere Henrique.

In fin dei conti, per far salire tutti sul carro basta poco: basta vincere. Il Napoli lo ha fatto contro il Milan (giocando peggio che contro la Roma all’andata di Coppa Italia all’Olimpico), contro la Roma al San Paolo in quel 3-0 che a Roma ricorderanno a lungo, e si è ripetuto ieri a Sassuolo. Eh vabbè, ma contro l’ultima con classifica. Ma noi contro le piccole incontravamo più difficoltà. Su un campo davvero pessimo, invece, il Napoli si è calato nella realtà di provincia e, pur con assenze importanti, ha conquistato i tre punti. Un primo tempo sapientemente controllato. Poi una ripresa con qualche rischio, e quindi il secondo gol (ci voleva Cannavaro per far segnare Insigne col tiro a giro sul secondo palo) e il relax finale.

Dotti, medici e sapienti, però, non fanno marcia indietro. Sarebbe facile. Ammettere che avevano esagerato. Che, come in ogni ambito della vita, occorre (e occorrerà) tempo per cambiare mentalità, abitudine, attitudine, per assimilare nuovi schemi, per imparare a giocare in modo diverso. Perché, in fin dei conti, è questo che noi predichiamo dall’estate scorsa. Il tutto e subito appartiene a una fase ben precisa della vita dell’uomo: l’infanzia. E, ahinoi, si siamo usciti da tempo. Eppure dotti, medici e sapienti adesso si sono inventati che Benitez vince perché li ha ascoltati. Ha arretrato Hamsik di venti metri. È diventato duttile. L’integralismo di Bergamo non c’è più. Tutte frasi, bisogna riconoscere, gettate lì con sprezzo del senso del ridicolo. Perché l’integralista è sempre Benitez, non loro che per mesi hanno raccontato favole e adesso non sanno come uscirne e quindi candidamente scrivono e dicono che il tecnico che ha vinto una Champions, una Coppa Intercontinentale e due Europa League ha ascoltato loro.

Lui, Rafa, ovviamente sorride. Del resto nessun tecnico in tv si è permesso di chiedergli simili baggianate. Va avanti a lavorare, come ha fatto sin dal primo giorno. In una città che fatica a vivere il presente, che – come scrisse mirabilmente Vittorio Zambardino – preferisce crogiolarsi nel passato perché rischiare di vincere equivale a rischiare di perdere e questa sofferenza noi proprio non la sopportiamo. La sofferenza, caratteristica imprescindibile dello sport. Dare il meglio di se stessi e rischiare di non farcela. Essere costretti a prendere atto che può esserci qualcuno più forte, più bravo, più abile, più resistente, più preparato.

Preferiamo vivere nel passato perché – lo abbiamo scritto altre volte – abbiamo dimenticato quanta sofferenza patimmo all’epoca, l’unica volta in cui abbiamo davvero sistematicamente lottato per vincere. E magari vincemmo perché disorganizzati con alla testa Maradona. Così sistemati, arrivammo ottavi. Vincemmo perché a Napoli approdarono prima Italo Allodi e poi Luciano Moggi. Perché intorno al nostro condottiero fu costruito un esercito degno del suo nome e la società fece un salto di qualità e di potere. Vincere comporta organizzazione, sacrificio, allenamento, superamento dei propri limiti. È sempre stato così: per Valentino Rossi, per Alberto Tomba, per Michael Phelps. Il resto sono chiacchiere da salotto. Ha messo Hamsik venti metri più dietro. Certo sì, come no.
Massimiliano Gallo

ilnapolista © riproduzione riservata