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Dalla sindrome di Stendhal a quella di Mazzarri

Oggi ci occupiamo di una breve rassegna delle sindromi più note.

Sindrome di Stendhal
La sindrome di Stendhal, detta anche sindrome di Firenze (città in cui si è spesso manifestata) è il nome di una affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza. Piuttosto rara, colpisce principalmente persone molto sensibili.
Il nome di questa sindrome è attribuito allo scrittore francese Stendhal (1783 – 1842), che ne fu personalmente colpito durante il suo Grand Tour effettuato nel 1817 e ne diede una prima descrizione che riportò nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze”
« Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere. »
Più della metà delle vittime della sindrome sono di matrice culturale giapponese ed europea (esclusi gli italiani, che ne sono immuni perché assuefatti al bello dall’esposizione visiva costante alle opere d’arte da cui sono circondati) . Fra i più interessati vi sono individui di formazione culturale classica o religiosa che spesso vivono da soli.

Sindrome di Stoccolma
Con l’espressione Sindrome di Stoccolma ci si riferisce ad uno stato psicologico particolare che si manifesta in seguito ad un episodio estremamente violento o traumatico, ad esempio un sequestro di persona o un abuso ripetuto. Il soggetto affetto da Sindrome di Stoccolma durante l’abuso o la prigionia prova un sentimento positivo, fino all’amore, nei confronti del proprio aguzzino. Si crea una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima e il carnefice.
Il nome trae origine da un episodio accaduto a Stoccolma nel 1973. Il 23 agosto due uomini tentarono una rapina alla sede della “Sveriges Kredit Bank” di Stoccolma in cui si trovavano tre donne ed un uomo.
Al sopraggiungere della polizia i due uomini si rinchiusero nella banca trattenendo le quattro persone in ostaggio. La prigionia e la convivenza forzata di ostaggi e rapinatori durò circa sette giorni al termine dei quali i malviventi si arresero e gli ostaggi furono liberati.
Durante la prigionia gli ostaggi temevano più la polizia che non gli stessi sequestratori. Nel corso delle lunghe sedute psicologiche cui i sequestrati vennero sottoposti si manifestò un senso positivo verso i malviventi che “avevano ridato loro la vita” e verso i quali si sentivano in debito per la generosità dimostrata.
Questo paradosso psicologico deriva da una reazione emotiva automatica, sviluppata a livello inconscio, al trauma creatosi con l’essere “vittima”.
Alla sindrome sono particolarmente esposte persone giovani e prevalentemente di sesso femminile.

Sindrome di Mazzarri
Questa sindrome si è manifestata per la prima volta nel corso del 2013. Prende il nome dall’allenatore Mazzarri, già allenatore di diverse squadre tra cui Reggina e Napoli, poi approdato all’Inter.
La sindrome di Mazzarri si manifesta attraverso forme di sdoppiamento spaziotemporale della personalità. Chi ne è affetto pensa di poter replicare esattamente l’esperienza precedente anche in presenza di situazioni e persone diverse.
Gli psicologi hanno osservato che Walter Mazzarri, arrivato all’Inter, ha cercato di ripetere esattamente quanto gli era riuscito a Napoli, non solo replicando lo stesso modulo (sembra del resto che il paziente in questione abbia un blocco psichico che gli impedisce di anche solo ipotizzarne altri) ma anche collocando i giocatori dell’Inter come se fossero quelli che aveva al Napoli. Sin dal suo avvento nel club nerazzurro ha fatto affermazioni allarmanti del tipo “Kovacic sarà il mio Hamsik”, ha ottenuto due giocatori in difesa che giocavano con lui nel Napoli e altri ne avrebbe voluti, per il resto ha cercato di adattare quelli dell’Inter come se fossero gli azzurri partenopei che aveva allenato: Nagatomo e Jonathan come Maggio e Zuniga, Alvarez come Pandev eccetera.
Altro sintomo della sindrome: la negazione di quelle parti della realtà che risultano sgradite. Così ad esempio l’allenatore aveva sempre sostenuto che per verificare il livello di successo di una squadra bisognava raffrontare la sua posizione nel ranking dei monti ingaggio con la posizione ricoperta in classsifica.
Ora che allena la squadra terza per monte ingaggi tra le squadre di serie A se qualcuno gli ricorda le sue affermazioni precedenti cade in uno stato di corrucciato mutismo non disgiunto da incomprensibili borbottii.
La sindrome ha prodotto risultati di classifica fin qui mediocri, come era facile attendersi, ed i supporter milanesi manifestano chiari sintomi di insofferenza, essendo a loro volta affetti da un’altra sindrome, nota sotto il nome di Sindrome di Mourinho.
Bruno Patierno

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