La sudditanza psicologica dell’arbitro Munuera nei confronti dei padroni di casa contro il Valladolid. Il pubblico rumoreggia al minimo contatto
L’esperienza blaugrana
Il nostro viaggio all’interno del mondo blaugrana, culminato nell’esperienza al “Camp Nou” di sabato 16 febbraio 2019 (sfida tra Barcellona e Valladolid), riprende da dove eravamo rimasti. Nei primi due articoli di questo “reportage” abbiamo infatti descritto l’ambiente, definendo lo stadio come il “teatro dell’indipendentismo” e vi abbiamo raccontato dello scarso coinvolgimento degli spettatori presenti alla gara a cui abbiamo assistito. Abbiamo anche pubblicato la lettera di Giuseppe Ortu giornalista e socio del Barcellona.
Sudditanza psicologica
Adesso, però, è arrivato il momento di discutere dell’arbitraggio di Barcellona-Valladolid e delle impressioni che ne sono derivate. Pur comprendendo che l’aver assistito a un’unica gara non può consentirci di tracciare giudizi definitivi sulla sudditanza psicologica della classe arbitrale spagnola nei confronti del Barcellona, vogliamo raccontarvi quello che abbiamo visto.
Partendo, innanzitutto, dal nome del direttore di gara in questione: Juan Martinez Munuera di Benidorm. Tanto per circoscrivere le responsabilità di quel che andremo a raccontare, senza fare di tutta l’erba un fascio, rischiando un’inutile generalizzazione e condannando un’intera classe arbitrale per l’atteggiamento di un singolo “fischietto”. C’è, però, una premessa da fare: arbitrare al Camp Nou non è facile. Lo stadio, a dire il vero, è molto “esigente” e “protegge” i calciatori del Barcelona. Guai anche solo a sfiorarne uno. Ma andiamo per gradi.
La partita col Valladolid, come era facile prevedere, è stata caratterizzata da un predominio (seppur sterile) dei padroni di casa, impostisi alla fine per 1-0, grazie a un calcio di rigore di Leo Messi (come da foto che segue). L’argentino, sempre molto coinvolto nelle offensive blaugrana, ha anche fallito un secondo tiro dal dischetto (sempre generosamente concesso da Martinez Munuera), nella ripresa. Dunque, 90 minuti, 1 gol e 2 rigori per gli uomini allenati da Valverde.
Niente di speciale, direte voi. Forse, ma la concessione dei due calci di rigore è stata quantomeno generosa, così come l’intera condotta di gara del signor Martinez Munuera, sempre incline a fischiare a favore del Barcellona (nelle foto che seguono le “caps” dell’intervento che ha generato la prima massima punizione). Un’impressione accresciuta sia dall’atteggiamento del Camp Nou, che rumoreggiava al minimo contatto tra un avversario e un calciatore blaugrana, che da quello degli stessi calciatori in campo.
Messi e compagni, infatti, non è che facessero molto per restare in piedi, anche perché evidentemente convinti che il “fischietto amico” li avrebbe premiati in caso fossero stramazzati al suolo (nelle “caps” che seguono si può percepire la dinamica che ha portato al secondo rigore, poi fallito dall’argentino). Toccare un giocatore del Barcellona, insomma, è sembrato quasi come un atto di lesa maestà. Una cosa che, a chi vi scrive, ha ricordato Gonzalo Higuain, uno di quei calciatori che non amano lo scontro fisico e che, quando veniva colpito o strattonato da un avversario, restava interdetto: “Ma come ti permetti di toccarmi?!” pareva dicesse il suo volto.
Un sentimento che, però, non è quello che devono aver provato i giocatori blaugrana, almeno non nel corso di Barcellona-Valladolid. Martinez Munuera non ha mai concesso loro il tempo di provarlo. Il fischio a favore arrivava sempre prima che dentro Messi e compagni si potesse fare strada qualsiasi emozione.
Ed è stato in quel momento che noi, da napoletani avviliti per il livello (vedi Calciopoli) di compromissione del nostro calcio, abbiamo pensato: “Altro che Juventus. Certo che pure qua (in Spagna), con la sudditanza psicologica degli arbitri nei confronti delle grandi, non si scherza mica…”
Mal comune, mezzo gaudio?
3- continua