Nella docu-serie dedicata alla sua vita extra-campo: «Invecchiando ho capito che se si perde un’occasione, non è la fine del mondo. La Trump dance? Non ci ho pensato potesse scatenare le polemiche».
In una docu-serie dedicata a Christian Pulisic e prodotta da Cbs Sports, l’esterno del Milan e della nazionale Usa racconta la sua vita al di fuori del campo.
Il primo episodio è stato trasmesso questa settimana, il secondo e terzo usciranno a gennaio. Hanno partecipato anche Ibrahimovic, che lo chiama “Capitan America”, il suo ex allenatore al Dortmund Klopp, e alcuni dei compagni di squadra più vicini a lui.
«Vedendo il primo episodio ho pensato: sono davvero imbarazzante, tutti mi vedranno come un ragazzo noioso che non vuole mostrare cose della sua vita. Spero che la gente possa vedere che c’è qualcosa in più in me» ha dichiarato.
Tutti si sono mostrati sorpresi dalla decisione del calciatore di far entrare le telecamere in casa, vista la sua riservatezza. Giroud lo definisce una persona estremamente tranquilla: «Ci sono così tante cose che tiene dentro di sé, che non vuole mostrare…».
Non gli piace essere Capitan America, forse non si vede come un supereroe. E Ibra scherza: «Ma tu lo sei, non me ne frega un ca**o di quello che dici, lo sei. Se questo ti genera più pressione, non mi interessa. Se non fossi così bravo, non ti chiederemmo nulla».
Pulisic: «C’è poco rispetto per i calciatori statunitensi, molti allenatori si fanno influenzare nelle scelte»
Ha raccontato in un’intervista a The Athletic perché ha deciso, nonostante sia introverso, di fare un documentario:
«Uno dei miei più grandi obiettivi è ispirare la prossima generazione di giocatori del mio Paese e far emozionare la gente. Ora i Mondiali arriveranno negli Usa, la competizione più grande che c’è. Mi sembrava il momento giusto. Alcuni di noi sono più introversi, alcuni più estroversi. Spero che alcune persone possano vedere questo documentario e pensare: “Mi ispiro a lui”. Speriamo che vedano come sono come persona e si rendano conto».
Nella sua carriera vorrebbe migliorare la percezione che si ha in Europa dei calciatori statunitensi:
«Mi arrabbio molto, condiziona anche la scelta degli allenatori. Ciò mi spinge solo a lavorare più duramente e a dover essere migliore. Spero che dopo molti dicano: ‘Questo ragazzo è americano e gioca ad altissimi livelli, quindi dobbiamo rispettare la sua provenienza’. Guarda quanti americani negli ultimi cinque o dieci anni sono venuti in Europa. Abbiamo giocatori in Champions League e alcuni dei campionati più importanti del mondo».
E sulla “Trump dance” di cui è stato protagonista ha dichiarato:
«Per me, è stato un trend da seguire di un balletto virale, l’ho fatto più volte nella mia carriera. Che si tratti della dab o di un altro divertente ballo per cui la gente mi prende ancora in giro. Non era un tipo di dichiarazione in alcun modo. Sarò onesto, non ci ho nemmeno pensato a cosa avrebbe potuto scatenare».
Del Milan ha detto:
«Non voglio dire che ora sia più facile rispetto al Chelsea, ma c’è stato un momento in cui mi sono sentito in cima al mondo e stavo giocando alla grande; c’è poi stato anche un momento in cui ho sentito la pressione maggiormente. Ora sto bene mentalmente e mi sento fiducioso. Sento la fiducia da parte del club».
Come si gestiscono quei momenti difficili?
«Maturando con gli anni e capendo che se si perde un’occasione non sarà la fine del mondo. Ora sto migliorando. Sto diventando molto più forte mentalmente, sapendo che quando ci sono tempi più difficili, sono in grado di non lasciare che mi influenzino tanto».
Infine, Pulisic rivela:
«Mi piacerebbe poter dire che ho avuto una piccola parte nel portare il calcio in America a un livello completamente diverso e speriamo di portarci a un punto in cui saremo uno dei paesi più rispettati al mondo. Sarebbe un obiettivo incredibile per me».