ilNapolista

Padovano: «Quando mi arrestarono, pensai a “Scherzi a parte”. Invece fu l’inizio di un incubo»

A La Stampa: «Dopo l’arresto mi sono rimasti vicini in pochi, Vialli tra questi. In carcere ho trovato tanta umanità». Su Sky un docufilm su di lui

Padovano: «Quando mi arrestarono, pensai a “Scherzi a parte”. Invece fu l’inizio di un incubo»
Db Torino 23/03/2011 - SLAncio di vita / Juventus-Torino / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Michele Padovano

L’ex Juventus Michele Padovano, arrestato da innocente nel 2006 e assolto nel 2023 per aver finanziato un traffico di droga in Marocco, racconta il suo periodo buio in un’intervista a La Stampa (intervista di Antonio Barillà). Il 3 gennaio uscirà su Sky il suo docufilm.

Padovano: «Vialli non mi ha abbandonato. In Italia-Francia del 2006 mi aspettavo un messaggio di vicinanza»

Cos’hai provato davanti allo schermo?

«Commozione, mi ha toccato nel profondo vedere mio figlio piangere, mia moglie ricostruire quello che abbiamo vissuto. I due registi sono stati bravissimi a coinvolgerci, capire e trasferire il nostro dramma».

Il messaggio più importante?

«Imparare a non giudicare. Spesso le cose non sono come sembrano. Io il pregiudizio l’ho sperimentato sulla mia pelle: a volte trovavo la forza di fregarmene, altre soffrivo».

Cominciò tutto il 10 maggio 2006…

«Ero appena uscito da un locale di Torino dopo un incontro elettorale. L’autocivetta della polizia mi sbarrò la strada. Pensai inizialmente a una messinscena, aspettavo lo striscione di “Scherzi a parte”, invece era l’inizio di un incubo. Ero accusato quando avevo solo prestato dei soldi a un amico. Nei momenti difficili ho capito chi era amico e chi no, ho fatto pulizia nella mia vita. Dopo l’arresto mi sono rimasti vicini in pochi. In carcere ho trovato invece tanta umanità. Il mio pensiero ora è a chi da innocente è ancora dentro, chi non ce la fa e perde le speranze».

Il calcio l’ha abbandonata?

«C’è chi mi è stato vicino come Presicci e Vialli, al quale ero legatissimo. Vidi Italia-Francia con il mio compagno di cella, ho tifato senza invidia. Mi avrebbe fatto bene un messaggio di vicinanza, e invece…».

Ha mai avuto il sentore di non farcela?

«Mi ha aiutato mia moglie Adriana. Mi ha convinto mio figlio a diffondere la mia esperienza e mi ha introdotto nel mondo dei social. Sono felice che anche Bergamini abbia avuto giustizia, noi sapevamo che non era suicidio. Mio figlio si chiama Denis come lui».

Aspetta una nuova opportunità da direttore sportivo?

«Ho chiesto lavoro in questi anni e nessuno me l’ha dato, ora sono talent scout per Sky e ci sono anche chiacchiere con alcune società: sono sicuro che qualcosa si sta muovendo».

ilnapolista © riproduzione riservata