Il Wsj spiega che Nba e Nfl tutelano i club più deboli per tutelare la competitività dei tornei. Mentre in Europa vige la legge del più forte
“Durante la Guerra Fredda, si fuggiva dai paesi comunisti verso quelli capitalisti – scrive il Wall Street Journal – Oggi nello sport, sta avvenendo il contrario, il socialismo potrebbe diventare la scelta più popolare: perché è un buon affare“. Inizia così una lunga riflessione del Wall Street Journal sul futuro degli sport e sul loro modello di business. L’assunto di base è che il modello americano (che non è capitalista, scrivono) sia sostenibile e redditizio più del modello usato in Europa.
Diarra e Superlega, i due colpi di grazia allo modello sportivo europeo
Quella di Lassana Diarra “è una sentenza storica e arriva solo pochi mesi dopo che la Corte ha dato il via libera alla SuperLega separatista, un torneo chiuso in stile statunitense proposto da 12 dei migliori club del continente nel 2021″.
Segno che si guarda sempre più all’America anche per quanto riguarda lo sport. Per il Wsj tutto ciò è divertente:
“Il paradosso è che nel Paese del laissez-faire, gli Stati Uniti, i suoi tornei più importanti, come la Nfl e l’Nba, prevedono forti meccanismi di riequilibrio e compensazione in favore delle squadre peggiori. In Europa, la culla dello stato sociale, i club sono rimasti per lo più senza vincoli“.
In altre parole, negli States si dà modo alla squadra più scarsa di rialzarsi e competere per le prime posizioni. In Europa, definita “la culla dello stato sociale”, hanno scelto di lasciare totale libertà ai club. Col risultato che il più forte schiaccia sempre il più debole e vince quasi sempre.
“Gli sport americani moderni – spiega il Wall Street – sono stati fin dall’inizio iniziative commerciali dall’alto verso il basso. le franchigie investono grandi somme di denaro sapendo che la loro squadra non retrocederà, ma sono solitamente costretti a dividere equamente i ricavi dei diritti tv nazionali e spesso convivono con forme di salary cap che avvantaggiano le squadre più deboli. Nella Nfl, i giocatori ottengono una quota fissa, circa il 48%, dei ricavi della Lega tramite un accordo di contrattazione collettiva“.
C’è anche il sistema del draft. Molto famoso in Nba. Per riassumere, è una sorta di mercato a cui partecipano le squadre. I giocatori vengono presentati e le squadre più deboli hanno il diritto di scegliere per primi, quindi prendere i giocatori più forti. Poi i club fanno “mercato”, contrattano, il diritto di scelta in cambio di giocatori forti.
Da noi, “i club fanno crescere i giovani e tengono i giocatori sotto contratto finché un rivale non lo acquista. Questo porta i ricchi a monopolizzare tutto il talento, sia attraverso gli acquisti diretti come il Real Madrid, sia creando valore nella loro accademie come il Barcellona“. O il City, aggiungiamo noi.
“Eppure i club europei – continua – spesso sono in perdita”. Il Wsj scrive una verità di cui si parla pochissimo e cioè che il calcio in Europa (almeno per alcuni) è una sorta di paradiso marxista:
“il lavoro ha tutto il potere sul capitale e le entrate inaspettate finiscono nelle tasche di star e intermediari“.
Le proprietà americane provano a cambiare il calcio in Europa, “non sempre ci riescono”
Il Wsj segnala una ricerca degli economisti Luis Carlos Sánchez, Ángel Barajas e Patricio Sanchez-Fernandez. La ricerca rileva che “le prestazioni finanziarie nel calcio vanno a scapito del successo sportivo“.
Il grande divario tra Usa ed Europa sta però nei diritti televisivi. La Uefa sta provando a colmare il gap (all’incirca, i ricavi Nfl e Nba superano di quasi 20 volte quelli della Champions). “Nonostante i tentativi di modificare il formato per offrire partite più accattivanti, la maggior parte delle partite non sono tanto diverse dal passato, come dimostra la recente vittoria del Bayern Monaco per 9-2 contro la Dinamo Zagabria. Le risorse finanziarie sono troppo sbilanciate“.
E si arriva così alle tanto contestate proprietà americane. In Italia ci sono la Roma, il Milan, il Parma, anche la Fiorentina, il Genoa, da questa estate l’Inter, in Inghilterra il Chelsea (in realtà anche il Liverpool). “Li stanno gestendo in un modo più simile alle franchigie statunitensi, anche se non sempre ci riescono“.
Anche il “fair play finanziario” si avvicina al modello statunitense secondo il Wall Street Journal. Tuttavia è difficile “frenare i club sostenuti da miliardari insensibili al profitto, spesso provenienti da petrostati, come il Manchester City e il Paris Saint-Germain“.
In tutto questo, il caso Diarra aumenta il rischio che i giocatori possano iniziare a stracciare i loro contratti senza particolari sanzioni. Questo potrebbe portare a un “crollo delle commissioni per i trasferimenti (cioè i cartellini dei giocatori). Così si affossa la principale fonte di reddito per i club di medie dimensioni e si dà alle star ancora più potere“.