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Boiocchi (l’ex capo ultrà interista ucciso) «prendeva tremila euro al mese per il controllo della Nord»

Il Fatto. Lo disse agli inquirenti Bosetti addetto alla gestione illecita dei biglietti. Dopo l’omicidio, Beretta bruciò il suo telefonino nel microonde

Boiocchi (l’ex capo ultrà interista ucciso) «prendeva tremila euro al mese per il controllo della Nord»
Db Verona 26/05/2024 - campionato di calcio serie A / Hellas Verona-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: tifosi Inter

Boiocchi (l’ex capo ultrà interista ucciso) «prendeva tremila euro al mese per il controllo della Nord»

Sono dichiarazioni che un altro ultras interista, Bosetti, disse dopo l’omicidio agli investigatori.

Ecco cosa scrive il Fatto quotidiano di quella morte e di quelle indagini che al momento non sono giunte ad alcuna conclusione.

“Non farlo, per favore, non farlo!”. Queste le ultime parole del capo della curva dell’inter Vittorio Boiocchi detto “lo Zio” prima di essere colpito a morte con cinque proiettili calibro 9×9 mm Luger di produzione ceca. Boiocchi, pronunciando quelle ultime frasi, va incontro al suo assassino, il quale, sotto ai portici di via Fratelli Zanzottera proprio davanti al portone di casa Boiocchi, fa fuoco e poi fugge a bordo di una Kawasaki Ninja assieme al complice. Entrambi i killer hanno il casco integrale e indossano giacche nere con strisce blu sulle braccia. Colori che ricordano quelli della maglia dell’inter.

Era il 29 ottobre 2022.

Quella giornata Boiocchi la passa al cimitero di Settimo milanese poi al Baretto davanti al Meazza in compagnia di Renato Bosetti, l’addetto alla gestione illecita dei biglietti arrestato lunedì scorso. Sentito subito dopo, Bosetti spiega: “Boiocchi prendeva 3 mila euro al mese per la sua attività di capo della Nord”. Ma Bosetti non è il suo “vicario”. Il vice nominato dallo Zio appena prese le redine del direttivo agli inizi del 2019 è Andrea Beretta, detto “Berro”, oggi in carcere per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso e per l’omicidio del rampollo della ’ndrangheta di Rosarno, Antonio Bellocco. Ora l’indagine per l’omicidio Boiocchi resta ancora aperta.

Non ci sono killer né mandanti accertati.

E però dagli atti dell’indagine sulle curve emergono particolari inediti che, secondo gli inquirenti, inquadrano un movente maturato all’interno delle dinamiche criminali della Nord. E che racconta di un “omicidio preparatorio” alla scalata del triumvirato Bellocco-beretta-ferdico e dell’associazione criminale “travisata” dietro lo striscione unico curva Nord la cui nascita, secondo il pm, è stata favorita dalla regia di Luca Lucci capo della Sud e già ideatore di un simile striscione per gli ultrà del Milan. Subito dopo l’omicidio, il vicario Andrea Beretta si rende irreperibile per due giorni. Non solo: distrugge il suo telefonino bruciandolo dentro al microonde.

L’Inter sotto minaccia di Boiocchi e ultras che chiedevano biglietti e altro

I dirigenti dell’Inter sotto minaccia di Boiocchi (il criminale capo ultras ucciso sabato sera) e degli altri ultras. Ne scrive il Corriere della Sera:

«Adesso cambiamo tattica, adesso le cose ce le prendiamo per forza e poi vediamo cosa succede», gridava al telefono Vittorio Boiocchi, il capo ultrà assassinato sotto casa, a un dirigente dell’Inter «reo» di non averlo avvisato dell’arrivo nel gennaio del 2020 del neoacquisto Young in aeroporto, dove la Curva vuole dare il doveroso «benvenuto» e scattare le prime foto con le sciarpe al collo.

Rapporti difficili, spesso tesi. Collusione però no. Il terreno è quello, scivoloso e in penombra, dei rapporti delle società di calcio con gli ultrà.

Quattro dirigenti furono indagati – si è scoperto in questi giorni con l’accusa di associazione per delinquere: “l’ipotesi era che ci fosse stata qualche forma di collaborazione per favorire i capi ultrà fornendo loro biglietti a prezzi agevolati o facendoli entrare gratis allo stadio o consentendo il commercio di merchandising”. In realtà il pm ha poi chiesto l’archiviazione: i quattro «erano in realtà vittime del comportamento minaccioso ed estorsivo dei capi dei tifosi e quindi semmai persone offese dei reati».

Anche all’Inter, dunque, come per tutti i club italiani, i dirigenti erano minacciati dagli ultras.

Numerose le pressioni della Curva, scrive il Corsera.

Si concentrano soprattutto sulla vendita dei biglietti («che venivano poi parzialmente rivenduti a prezzi maggiorati con una sorta di “bagarinaggio”»), l’organizzazione delle trasferte e gli ingressi allo stadio. Com’è avvenuto quando un capo ultrà (colpito da Daspo), scontento perché non erano permessi cambi di nome sui biglietti e (cosa sorprendente) perché non c’era l’abbonamento gratis a don Mazzi.

II pm Lesti conclude quindi che «anche la dirigenza interista era vittima del comportamento estorsivo dei capi tifosi, che li utilizzava esclusivamente per il raggiungimento di finalità di prestigio personale quando non di mero profitto privato». Altro che tifosi, dunque.

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