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Napoli, nove mesi per riprogrammare una risalita e ci si aggrappa agli ultimi quindici giorni di mercato?

Osimhen, pochade di infimo livello, è la rappresentazione plastica di quanto il Napoli non sia in grado di essere grande società

Napoli, nove mesi per riprogrammare una risalita e ci si aggrappa agli ultimi quindici giorni di mercato?
Gc Milano 28/07/2010 - presentazione calendari serie A stagione 2010-2011 / foto Giuseppe Celeste/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

Napoli, nove mesi per riprogrammare una risalita e ci si aggrappa agli ultimi quindici giorni di mercato?

Morirà con De Laurentiis il Napoli. Non c’è Conte che tenga. Talmente simbiotico il rapporto tra il proprietario e la società che la parte sportiva non si salva da sola. Mai capita, tantomeno coltivata. È sempre stata la parte sportiva solo un mezzo per raggiungere lo zenit economico. Una volta superato il punto di massimo equilibrio c’è solo la decrescita. Sembra essere stato programmato tutto a tavolino. Monte stipendi in chetosi da ormai quattro anni. Lo stipendio di Osimhen non inganni. Quando mai il Napoli negli ultimi vent’anni ha chiuso 4 giocatori in quindici giorni?

Sembra esserci un disegno ben preciso programmato attraverso una decrescita infelice e rapida verso i lidi dell’oblio. Conte è un mezzo, un mezzo per poter dire “ci abbiamo provato, ma non ci siamo riusciti”. Magari è come ai tempi di Zeman. Non messo in condizione e poi rinnegato dal calcio che conta, perché un piantagrane. Del resto a che serve chiamare il miglior ingegnere, senza mettergli a disposizione uomini e mezzi per ricostruire? Serve solo e soltanto a fingere di averci provato. Gioacchino Lauro in tribuna al Bentegodi era un messaggio vieppiù eloquente.

La sensazione è di un Napoli isolato dal resto del mondo del calcio

La sensazione è di un Napoli isolato dal resto del mondo del calcio. Nove mesi per riprogrammare una risalita e ci si aggrappa agli ultimi quindici giorni di mercato? Un centrocampo sfasciato in pochi mesi, trattative infinite, ma lì nel mezzo ci sono due uomini abituati a ritmi e conduzione diversa da quella richiesta da Conte. Mai abituati a giocare un calcio aggressivo e dinamico. Sembra essere stato costruito tutto per poter fallire. Anche Conte ci ha messo del suo. Avrebbe dovuto bonificare lo spogliatoio con il napalm. Ed invece si è fidato di se stesso, non guardando negli occhi dei calciatori che hanno alle spalle il loro “prime”, da maggio 2023 sono riusciti solo ad arretrare. La telenovela Osimhen, pochade di infimo livello, non fa nemmeno più ridere. È la rappresentazione plastica di quanto il Napoli non sia in grado di essere grande società. Se tutto va bene lo svenderà. E le cafonate, quelle si, del piede che vale 180 milioni rimarranno nei libri di barzellette.

Conte avrebbe dovuto ascoltare il maestro Baricco, lasciando andare giocatori che da tempo hanno terminato il loro ciclo partenopeo. Un errore tenere Di Lorenzo dopo la cronaca rosanero di fine primavera. Un errore tenere Anguissa, giocatore che difficilmente tornerà quello dei primi sei mesi napoletani. Un errore tenere Lobotka, che nella testa ha il blaugrana. La ricetta per ripartite il Napoli la conosce: rivoluzione. Ma evidentemente non è più aria. Come fu per Ghoulam, Mertens, Koulibaly ed Insigne, non è stato per quelli di cui sopra. L’aria mesta dello spogliatoio è rimasta. Nonostante gli errori Antonio Conte rimane l’argine unico tra il Napoli e la serie B. Si naviga a vista. Il futuro non abita più a Napoli.

Il declino ha compiuto un anno.

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