A Sportweek: «Gli haters? Per un certo periodo mi hanno ferito: poi ho imparato a gestire la situazione. Cosa mi rende più orgoglioso? Essere rimasto me stesso»
Sportweek intervista Marcell Jacobs, oro nei 100 metri a Tokyo 2020 e oro anche nella staffetta. Adesso è tempo di confermare il suo valore a Parigi 2024.
Jacobs: «Gli haters? Per un certo periodo mi hanno ferito»
Vigilia di Tokyo contro vigilia di Parigi 2024: quanto è diverso il Marcell di allora dal Marcell di oggi?
«In questi tre anni, con gli ori giapponesi simbolicamente al collo, ho vissuto tante esperienze, per lo più inattese. All’epoca sognavo di disputare una bella Olimpiade, centrando risultati importanti. E già esserci era un obiettivo centrato. Poi, tra 100 e 4×100, è successo quel che è successo. E la mia vita è inevitabilmente cambiata».
Del percorso compiuto, cosa la rende più orgoglioso?
«Al di là degli altri successi ottenuti, dai quattro titoli europei a quello mondiale indoor, l’essere rimasto me stesso. Un ragazzo semplice, al quale piace ridere e scherzare. Altruista e trasparente. Allegro e disposto a vedere del buono in tutti e in tutto. Anche molto ambizioso e, in questo senso, capace di rimettersi in gioco nonostante le delusioni, con il coraggio di ripartire da zero, se necessario».
Cosa non rifarebbe o farebbe diversamente?
«Vivo sognando a occhi aperti, il mio difetto è credere a chiunque: mi fiderei meno di certi personaggi che mi hanno un
po’ fregato. Terrei i piedi più a terra e, prima di fare certe mosse, cercherei di capire meglio il contesto».
E come la mettiamo con gli haters, con chi l’accusa e la critica via social?
«Per un certo periodo mi hanno ferito: poi ho imparato a gestire la situazione. Non ho paura a mostrarmi per quello che sono e credo che la gente apprezzi la sincerità. Ma adesso non leggo quasi più niente, mi concentro su altro. E per uno che mi insulta, cene sono cento che mi apprezzano»
A fine stagione tornerà a Jacksonville?
«A metà settembre, a gare concluse: la mia famiglia è rimasta là, non vedo l’ora di riabbracciarla. A Rieti, in questi mesi, sono stato molto bene, ho trovato un ambiente e condizioni ideali. Ma gli affetti mi sono mancati. Là, poi, ho tutto: l’idea di un altro anno di lavoro in una realtà che ormai conosco bene, mi stimola».
Non sogna più di andare nello spazio?
«Altroché! Sarei terrorizzato, volare mi piace poco. Ma supererei tutte le paure. Ci sono due opportunità che mi stuzzicano in modo particolare. La prima permette di uscire dall’atmosfera per una decina di minuti, in assenza di gravità. La seconda, che richiede però mesi di preparazione, di arrivare fino a una stazione internazionale».