A L’Equipe: “In Real-City del 2020 subimmo due gol per colpa mia, ero lento per un trauma subito nella partita prima”
Raphael Varane ha detto in un’intervista al quotidiano L’Equipe che s’è conquistato la prima pagina pressocché ovunque, di aver subito pesanti traumi cerebrali, con conseguenze dirette sulla sua salute mentale.
“Al Manchester United ci avevano consigliato di non fare più di 10 colpi di testa in allenamento… Mio figlio di 7 anni gioca a calcio e io gli consiglio di non giocare di testa”, racconta il nazionale francese, che spiega anche che “tante volte noi giocatori non lo capiamo, non pensiamo nemmeno a fare un test. Riconoscere una commozione cerebrale e curarla Beh, è una vera sfida. È un vero problema di salute, può anche essere vitale. Le cose stanno cambiando poco a poco, ma possiamo ancora fare progressi in questo settore”
“Sì, ho avuto diverse commozioni cerebrali. Se guardiamo indietro alle tre partite più brutte della mia carriera, ce ne sono almeno due in cui avevo subito un trauma cranico qualche giorno prima: contro la Germania nei quarti di finale del Mondiale 2014 e con il Real Madrid contro il Manchester City agli ottavi di finale della Champions League 2020”.
Varane racconta che dopo la commozione cerebrale subita durante la partita degli ottavi di finale della Coppa del Mondo 2014 contro la Nigeria, ha finito la partita “con il pilota automatico”. “Se qualcuno mi avesse parlato in quel momento, non so nemmeno se avrei potuto rispondere. Non ricordo la partita dopo questo shock. Ho sentito affaticamento agli occhi. Ripensandoci mi chiedo: se avessi saputo che era stata una commozione cerebrale, l’avrei detto, anche se ciò significava non giocare a questa partita? Non lo so. Come posso misurare in quel momento la mia capacità di giocare o meno contro la Germania ai quarti? Non si può dare la colpa neanche ai medici, è una situazione un po’ complicata”.
“Quando sai che le ripetute commozioni cerebrali hanno un effetto potenzialmente fatale, dici a te stesso che le cose possono andare molto storte. A quel tempo non ero un padre di famiglia, ma oggi, a 30 anni e con tre figli, la penso diversamente”.
Per quanto riguarda la commozione cerebrale subita al Real Madrid, ricorda: “Mi sentivo senza energie mentre preparavo la partita di Champions League contro il Manchester City, ma non sapevo che c’entrasse qualcosa con il colpo che avevo subito nella partita prima. Ho seguito un protocollo di recupero di cinque giorni senza troppi sforzi. Poi abbiamo avuto qualche giorno di riposo e ricordo di essermi sentito molto stanco, ma pensavo fosse legato alla solita decompressione di fine stagione. Quando ho ripreso ad allenarmi non mi ero ripreso dalla stanchezza legata allo shock subito. Forse se avessi fatto un test per valutare mie capacità di recupero, avrei posticipato il recupero e poi avrei potuto tornare a giocare con un livello di energia normale”.
“L’ho sentito fin dal riscaldamento, mi sono detto: svegliati. Avevo quasi voglia di darmi uno schiaffo. Durante la partita, i primi tre palloni erano puliti tecnicamente, ma ero troppo lento. Non riuscivo a concentrarmi per restare in gioco, ero come uno spettatore. La partita mi è andata male (i due gol subiti sono dovuti a due singoli errori suoi, ndr) e, dopo mi sono reso conto che era legato allo shock che avevo subito… Mi sono interrogato molto e, alla fine, ho capito che questi errori insoliti non erano caduti dal cielo”.