La Superligaen danese ha come marchio commerciale registrato Superliga; la somiglianza (anche nelle grafiche) interferiva con i diritti del brand danese.
Secondo quanto riportato da Calcio e Finanza, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (Euipo) ha respinto la registrazione del marchio “Superlega”. La nuova competizione dovrà quindi trovare un altro nome.
Questo perché la lega danese Superligaen ha come marchio commerciale registrato Superliga. La somiglianza interferiva con i diritti del brand danese. L’organismo sostiene che “il marchio impugnato [The Super League] potrebbe ottenere un vantaggio ingiusto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio precedente”, facendo riferimento alla Superliga danese, principalmente per il riconoscimento nei confronti della competizione del Nord Europa e per la somiglianza grafica e fonetica dei due marchi.
E’ probabile, però, che i promotori della Superlega facciano ricorso. Il marchio, per il momento, non può essere registrato dalla European Super League Company S.L. come marchio dell’Ue.
Superlega, la scelta delle 64 squadre
Dopo la recente sentenza della Corte di Giustizia UE sul monopolio UEFA la A22 Sport è pronta a rilanciare la competizione. Il Ceo Bernd Reichart, ne ha parlato in una conferenza
«Proporremo ai club di concordare un indice trasparente e oggettivo basato esclusivamente su parametri di prestazione – ha dichiarato Reichart -. Quali sono le 64 squadre che compongono la classifica dei migliori club d’Europa in base al loro rendimento nazionale ed europeo? E poi li assegneremmo a questi tre campionati prima di garantire anche l’accesso tramite i campionati nazionali alla competizione in corso».
Sui criteri scelti per selezionare le squadre partecipanti: «Credo che potrebbe avere un senso porre un limite sul numero di formazioni provenienti dallo stesso Paese. E anche lì elaboreremo suggerimenti e li presenteremo ai comitati dei club. Da un lato, la prestazione sportiva è un caposaldo importante, richiesto anche dai tifosi. Allo stesso tempo, dovrebbe essere una competizione europea diversificata, in cui soprattutto i grandi club tradizionali che hanno vinto la Coppa dei Campioni in passato ma che rischiano di perdere nei mercati televisivi più piccoli abbiano la possibilità di rafforzarsi nuovamente. Pertanto, il limite nazionale è un concetto che metteremo in discussione. La motivazione dietro a ciò, tuttavia, sarebbe quella di evitare il predominio di un grande campionato di punta, non di limitare l’accesso ai campionati più piccoli».