Quattro professionalità riconosciute che si occupino di rapporti con gli arbitri, col territorio, con le istituzioni sportive più un ambasciatore
Chiariamo subito: il modello societario disegnato da Aurelio De Laurentiis ha funzionato. Serie C, Serie B, Serie A, qualificazione Intertoto, qualificazione Europa League, qualificazione Champions League, Scudetto. Oltre alla vittoria di Coppa Italia e Supercoppa. Si possono mettere in discussione i risultati imprenditoriali raggiunti? No, sempre se non si è iscritti al partito della contestazione a prescindere. Risultati che coincidono con gli obiettivi sportivi che a Napoli sono stati raggiunti esclusivamente grazie a Diego Armando Maradona e al periodo della sua permanenza in azzurro. La storia insegna che, dal 1926, la collocazione calcistica del Napoli nella geografia del calcio nazionale e internazionale sia rispettabile ma non certo di primissima fascia (nella quale collochiamo i top club del calibro di Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco ecc.).
Un altro dato incontrovertibile del successo di questo modello Napoli targato Aurelio De Laurentiis è lo stato di salute dei bilanci. Il Napoli, questo Napoli, rispetta le regole finanziarie, non tarocca i dati contabili, rispetta il fair play economico giustamente imposto dai vertici del calcio, imposta la progettualità solo su una scala che rispetti i parametri sostenibili. Giù il cappello davanti a chi ha vinto nel pieno rispetto della normativa vigente: non è questo il luogo per approfondire ciò che viene consentito a club indebitati fino al midollo – o ad autentici prestigiatori finanziari scoperti e magari tutelati – tenuti a galla solo per tentare di vendere meglio in tv un prodotto scadente.
Lo scudetto è un naturale passaggio di crescita
La sensazione (o il rischio) è che questo modello societario – per quanto vincente – possa aver raggiunto la sua massima espressione, culminata proprio con la conquista dello scudetto. Mimmo Carratelli, attraverso il Corriere dello Sport, ha denunciato l’assenza di competenze specifiche all’interno dell’organigramma societario. Lo scudetto avrebbe potuto e dovuto rappresentare il punto di non ritorno, il volta pagina, il “Benitez dopo Mazzarri” (per intenderci) anche all’interno dello stesso club.
Un’apertura decisiva, appunto, alle competenze. Ogni azienda pone nei ruoli strategici figure professionali in grado di garantire la crescita o, quantomeno, la costanza di rendimento. E quando qualsiasi impresa raggiunge livelli alti, altissimi, si “apre” all’ingaggio di expertise che posseggono skill adatte al cambiamento. Resilienti, per così dire.
“Cristiano Giuntoli non è stato sostituito a dovere” è un refrain che respingo con forza: al suo arrivo in azzurro, infatti, la piazza e gli addetti ai lavori non lesinarono legittimi punti interrogativi sulla sua esperienza (da Carpi a Napoli), salvo poi ricredersi. Un po’ come avvenne con Maurizio Sarri (Napoli non è Empoli). La problematica del direttore sportivo non risiede tanto nel nome quanto nel suo potere decisionale. In soldoni: inutile tentare di ingaggiare Marotta se questi al ristorante deve chiedere un’autorizzazione di troppo per ordinare le linguine agli scampi. Di Marotta ti fidi e stop, anche se ordina l’aragosta. Poi, se l’aragosta impatta negativamente su bilanci e conti e non ti consente di raggiungere l’obiettivo sportivo, allora si prendono conseguenze. Nelle aziende, la classe manageriale che non raggiunge i risultati viene spedita a casa dalla proprietà. Nel calcio non dovrebbe essere differente.
De Laurentiis si circondi di professionalità con competenze specifiche
Quali sono queste figure dirigenziali che potrebbero consentire al Napoli di avere maggior respiro, apertura, professionalità e competenze, ciascuna nel proprio ambito? Sia chiaro, organigramma allargato non fa rima con vittoria certa. Ma per i motivi esposti in precedenza, il momento potrebbe essere quello giusto per un ulteriore step di crescita.
Gli ultimi sfoghi di Aurelio De Laurentiis contro la classe arbitrale hanno validi motivi esistenziali (cfr. quarti di finale Champions League con il Milan a livello internazionale e, a livello locale, le – passatemi il termine – “mazzate” impunite subite ogni maledetta domenica da Kvara e Osimhen). Il presidente si è esposto in prima persona. Ma quanto gioverebbe la presenza di un dirigente addetto ai rapporti con gli arbitri? Magari proprio un ex fischietto. Una figura che conosca le dinamiche e gli equilibri del pre, durante e post gara. Che si presenti alle telecamere al termine del match per esprimersi sul regolamento in caso di episodi controversi. Un dirigente in grado di gestire quotidianamente i rapporti con l’Aia, da spedire in sala stampa al termine delle partite per esprimere commenti e pareri sull’operato dell’arbitro. Uno che conosce i direttori di gara nazionali ed internazionali e che, alla designazione, racconti alla squadra che tipologia di direzione potrebbe esserci.
Una realtà particolare come quella napoletana potrebbe prevedere, nel club, la presenza di una figura dirigenziale addetta al rapporto con gli enti territoriali? Regione Campania, Comune di Napoli, Prefettura, Questura e così via. Ogni club calcistico è infatti inserito in un contesto politico e socioeconomico nel quale la gestione dei rapporti, se efficace, può portare ad un miglioramento qualitativo della presenza sul territorio. Basti pensare alla irrisolta questione relativa allo stadio Maradona o alla possibile valorizzazione delle infrastrutture sportive in sinergia tra il club calcistico e le istituzioni locali. Ma anche alla stessa organizzazione delle partite, soprattutto quelle c.d. “a rischio”, con possibilità di interfacciarsi costantemente con le forze dell’ordine.
E ancora: un’altra figura – tanto importante quanto delicata – potrebbe essere rappresentata dal dirigente addetto ai rapporti istituzionali. Figc, Coni, Uefa, Fifa, Assocalciatori, Assoallenatori e così via. Un portatore sano di idee ma anche un mediatore, insomma. Una persona di confronto, incontro/scontro (costruttivo).
Così si entrerebbe realmente in una new 3ra, come da slogan
In ultimo, ma non certo per importanza, una professionalità determinante per l’immagine societaria: l’ambasciatore del club in Italia e nel Mondo. Il Napoli è oggi una realtà internazionale riconosciuta e stimata. I sorteggi per gli abbinamenti dei gironi di Champions League, per esempio, meritano la presenza di una figura che, una volta inquadrata, sia immediatamente riconoscibile. Un professionista From Napoli to the World per intenderci, proprio come sta declinando la Ssc Napoli.
Se davvero deve partire questa New 3ra, senza nulla togliere alle figure oggi presenti in società, tanto stimate quanto competenti, sia il Napoli stesso ad aprirsi e a proiettarsi verso un cambio societario che proietti lo stesso club in una nuova dimensione.