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Cesari: «Accuse anonime agli arbitri? Non mi piace, bisogna metterci la faccia»

Al Corsport: «Gli errori sono colpa della lotta tra chi sta davanti al monitor a Lissone e chi va in campo. E poi manca coesione con la squadra arbitrale».

Cesari: «Accuse anonime agli arbitri? Non mi piace, bisogna metterci la faccia»
Db Milano 11/01/2023 - presentazione introduzione fuorigioco semiautomatico S.A.O.T / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gianluca Rocchi

L’ex arbitro Graziano Cesari intervistato dal Corriere dello Sport sul caos dei direttori di gara.

Proviamo a districare la matassa. Da cosa partiamo?

«Dalle immagini andate in onda a Le Iene. L’arbitro (o assistente) che parla incappucciato e con voce camuffata non mi piace. Bisogna avere il coraggio di metterci la faccia. Non c’è nulla di nuovo, che Valeri avesse sbagliato a Salerno non lo sapevamo già? E che lo avessero fatto uscire di nuovo la domenica dopo, non era noto?».

Gli errori sono risultati 78 in totale, più 8 commessi nonostante la tecnologia. Come mai?

Cesari: «Colpa della lotta tra chi sta davanti al monitor a Lissone e chi va in campo. Hanno l’ansia addosso, bisogna essere lucidi, freddi. Si hanno a disposizione tutte le immagini del mondo, prendiamoci più tempo per decidere. E poi manca coesione con la squadra arbitrale».

Sarebbe più importante non fare errori…

«Ma pensate che il Var sia stato digerito? Irrati era contrario, ed è il nostro miglior specialista».

Rocchi è in discussione?

«Ha sbagliato, ma chi non lo fa? Sarebbe un errore metterlo in discussione anche a fine stagione, figuriamoci ora. Ha dato possibilità a tutti, l’hanno fallite, bisogna mettere un punto».

Arbitri, dopo le accuse anonime i più delusi sono Orsato e Mazzoleni:

A scriverlo è il Corriere dello Sport che racconta la giornata ad alta tensione vissuta dal mondo arbitrale.

Ecco il Rocchi in versione Al Pacino, nel ruolo dell’allenatore che motiva i suoi prima di una sfida decisiva per i play off: «Non molliamo un centimetro, io non mollo un centimetro, uno che sia uno da qui al 30 giugno. Non permetto a nessuno di infangare il lavoro nostro ma soprattutto non permetto a nessuno di infangare il lavoro vostro». Molti erano delusi. Carbone, Mazzoleni e Orsato su tutti: «Chi dissente senza mostrare la faccia non può essere un uomo e dunque, non può essere un arbitro»; «Siamo una squadra, non siamo un gruppo»; e una battuta «La Givova (lo sponsor dell’AIA) non darà più le felpe col cappuccio». La sostanza è che vorrebbero non arbitrare (o fare il VAR) con questo o quello, perché la fiducia dopo quello che è successo è venuta meno.

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