“Ironico che poi sia diventato il nostro incubo. La sua famiglia non se la passava bene, e c’erano i due fratelli da crescere”
L’ironia della vittoria e del dominio, e anche – sottinteso – del battibecco con i tifosi – della Serbia sulla Gran Bretagna “è che Novak Djokovic, il miglior giocatore del mondo, flirta con l’idea di diventare cittadino britannico da quando era ancora un adolescente“. Lo scrive il Telegraph, giusto per tendere il filo della leggera polemica con il campione che ieri s’è accapigliato con il pubblico che non stava zitto, dopo aver buttato fuori gli inglesi dalla Coppa Davis a Malaga.
Nell’autunno del 2006, Serbia e Montenegro batterono gli inglesi per 3-2 alla Braehead Arena di Glasgow. Djokovic vinse entrambi i suoi incontri in singolare, superando prima Arvind Parmar e poi Greg Rusedski. “Ed ecco un’altra cosa ironica – scrive il Telegraph – Rusedski aveva già fornito un esempio vivente di come avrebbe potuto funzionare il trasferimento. Rusedski inizialmente fu accolto con scherno e scetticismo quando trasferì la sua nazionalità dal Canada nel 1995. Ma le polemiche si placarono presto quando raggiunse la finale degli US Open del 1997. Pensate anche al modo in cui la rivalità, spesso gelida, di Rusedski con Tim Henman ha creato una propria narrativa drammatica”.
Nel 2006, Djokovic aveva 19 anni, così come Andy Murray, nato appena due settimane prima. Sarebbe stata una nazionale fortissima. Il problema era che che… “Djokovic non era britannico. Nemmeno un pochino. Mentre la madre di Rusedski veniva da Dewsbury nello Yorkshire”. Ma sono dettagli. “All’epoca, le regole della Federazione Internazionale di Tennis richiedevano solo tre anni di residenza per il trasferimento di nazionalità in Coppa Davis. Molti giocatori minori sono diventati britannici per ragioni pragmatiche, per esempio lo sloveno Aljaz Bedene”.
“Dal punto di vista di Djokovic, la motivazione era semplice: soldi”. La famiglia di Djokovic non se la passava bene. I genitori, Srdjan e Dijana, “chiedevano l’elemosina, chiedevano prestiti e per l’accademia di Niki Pilic vicino a Monaco. Dopo una giovinezza del genere la prospettiva di un programma generosamente finanziato, con sede nella nuova scintillante sede della Lta a Roehampton, era molto allettante”.
Una possibilità “è che la famiglia Djokovic stesse usando la Lta come tirapiedi in una strategia più ampia”, secondo il capitano serbo della Coppa Davis del 2006, Nenad Zimonjic: “Forse era un modo per dire al nostro Paese: ascolta, c’è un talento incredibile qui, dovresti aiutarlo”.
Il clan Djokovic aveva due ragazzi più piccoli a cui pensare: Marko e Djordje erano considerati ottimi prospetti all’epoca.
Lo stesso Djokovic ha discusso dell’intera vicenda in un’intervista del 2009: “La Gran Bretagna mi stava offrendo molte opportunità, e avevano bisogno di qualcuno perché Andy era l’unico, e lo è ancora. Doveva essere una delusione per tutti i soldi che investono. Ma non avevo bisogno di soldi così tanto come prima. Avevo cominciato a farne qualcuno per me, abbastanza per permettermi di viaggiare con un bus, e mi sono detto: perché diavolo? Sono serbo, sono orgoglioso di essere serbo, non volevo cambiare solo perché un altro Paese aveva condizioni migliori”.