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I due gol del Milan spiegano i pessimi numeri difensivi del Napoli

Non nascono da cross ma da due “mozzarelle” (palle lente e ben leggibili da parte di chi difende) messe in mezzo da Pulisic e Calabria

I due gol del Milan spiegano i pessimi numeri difensivi del Napoli
Napoli 29/10/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Milan / foto Image Sport nella foto: gol Olivier Giroud

I due gol del Milan spiegano i pessimi numeri difensivi del Napoli

Si diceva, dopo la partita con l’Union Berlino, che ogni commento sarebbe stato superfluo rispetto al fatto, l’unico che contava, che si era vinto, fuori casa, un match quasi decisivo per compiere un balzo avanti importante al fine di assicurarsi almeno il secondo posto.

Con approccio “risultatista”, insomma.

Bene, identico e simmetrico approccio alla partita di ieri dovrebbe portare a due considerazioni, assorbenti di ogni altra valutazione: i) il Napoli non vince uno scontro diretto nemmeno se glielo regalano; ii) dopo appena due mesi di campionato, il Napoli è a 7 punti dalla prima, ciò che equivale a dire (se, come 9 volte su 10 accade, chi parte come è partita l’Inter quest’anno risulta poi imprendibile) che al massimo si può lottare per un posto per la Champions.

Insomma, campionato già finito ad appena due mesi dal suo inizio, e per di più con lo scudetto sul petto.

Bella roba.

Ecco, il “commento” potrebbe finire qui.

Se non che l’analisi dei gol, in particolare di quelli presi, si rivela assai opportuna per chi volesse comprendere perché, appunto, si sia già a 7 punti dalla prima dopo appena due mesi di campionato.

Innanzitutto, la partita di ieri certifica due cose.

La prima, per chi ancora non l’avesse capito, la si deve ricavare dalle motivazioni per cui ormai vanno di moda i “giochisti”.
Il “giochismo”, al netto delle stigmate o delle beatificazioni che se ne danno (anzi: che ne danno i giornalisti, spesso non del tutto competenti, proprio per alimentare quelle divisioni che se da un lato portano a schierarsi, dall’alto lato per ciò solo portano più lettori), unitamente al “contemporaneo” modo di “difendersi” (che porta ad aggredire in avanti gli avversari, senza portarseli in area; che porta ad aggredire subito gli avversari una volta perso il pallone, così da riconquistarlo e riaverlo di nuovo nei piedi nel più breve tempo possibile) nasce da un obiettivo ben specifico: quello di non lasciare il pallone agli avversari.

Obiettivo che a sua volta nasce da un’esigenza ben specifica: quella di evitare di essere attaccati, con palla agli avversari, perché se sono più forti (fisicamente, tecnicamente) prima o poi trovano il modo di farti male.

Ecco, la partita di ieri ne è corollario.

Nel senso che, per esempio, ha svelato come seconda cosa importante che se l’anno scorso Rrahmani ha potuto permettersi di “nascondersi”, cioè di celare tutti i suoi limiti (nell’uno contro uno anche a difesa schierata, nei tempi di anticipo, nella corsa a campo aperto ad inseguire l’avversario: insomma, purtroppo in molti fondamentali) è perché giocava in una squadra che teneva sempre il pallone, che difendeva andando in avanti a prendersi gli avversari, invece che indietreggiando ed accettando duelli nell’uno contro uno.

Mentre quest’anno, in una squadra che approccia alla fase difendente in maniera quasi diametralmente opposta, al punto da farsi quasi sempre venire squadre avversarie in area di rigore, a difesa schiacciata quasi sulla linea del portiere, ecco che Rrahmani si mostra in tutte le sue caratteristiche.

O nel senso che, per esempio, quando negli ultimi venti minuti del secondo tempo, il Milan – in tranquillo vantaggio – faceva correre il pallone nei suoi primi uomini in fase di costruzione del pallone, il Napoli ha mostrato lacune tali in fase di pressione, oltre che tali movimenti così disarticolati e così non sincronizzati nel portare il pressing avversario (nelle distanze e nelle scalate degli uomini dei reparti, oltre che in quelle degli uomini tra i reparti) che quasi si era autorizzati a pensare di avere allucinazioni per quanto sia sembrata evidente la diversità con la squadra dello scorso anno.

Perché, sempre per esempio, per chi ancora non l’avesse capito quest’anno (a soli due mesi dall’inizio del campionato) il Napoli ha numeri “difensivi” che fanno paura (in negativo) rispetto a quelli (di tutta la complessiva stagione) dell’anno scorso.

Ed allora, c’è da chiedersi: perché quest’anno è così? Perché c’è un allenatore non capace di allenare simili “dettagli”, oppure che non ritiene opportuno farlo o perché i giocatori hanno improvvisamente dimenticato come si faccia? E, soprattutto, è davvero questo il modo di approcciare alla partita, in questa fase, che fa bene al Napoli, cioè ad una squadra che ha questi effettivi nella rosa?

°°°°

Ed infatti, eccoli qui i 2 gol presi dal Napoli, sue due “mozzarelle” (palle lente e ben leggibili da parte di chi difende) messe in mezzo da Pulisic e Calabria (l’unico capitano italiano di una grande squadra che nemmeno viene convocato in nazionale, e che ieri il Napoli ha fatto sembrare Dialma Santos).

Nel primo gol è quasi assurda innanzitutto la modalità con cui il Napoli va al raddoppio sul portatore di palla e sul crossatore (appunto: Pulisic).

L’attaccante del Milan, al vertice dell’area di rigore (di sinistra per chi difende) si sposta la palla sul sinistro mentre Mario Rui e Kvaratskhelia vanno a raddoppiarlo non solo in “fila indiana” (quindi senza dividersi bene spazi e compiti della marcatura), ma inoltre ad almeno due metri di distanza, così lasciandogli pieno spazio per ragionare, per portare il pallone e per far partire il cross.

Che Pulisic si porti la palla sul sinistro, lui che è un destro, può apparire un dettaglio, ma non lo è per chi gioca a pallone a certi livelli e che per questo le azioni deve saperle leggere in tempo reale: a quel punto ed in quella zona, infatti, l’attaccante del Milan non ha più lo spazio per fintare il tiro e riportarsi la palla sul destro, e d’altronde non ne ha l’intenzione (lo si vede da come porta la palla).

Quindi lo si potrebbe tranquillamente andare ad aggredire fisicamente proprio sul piede non suo, costringendolo a portarlo (accentrarsi) ancora fino ad un nuovo scarico della palla ad un compagno (perché tanto con il sinistro non tira o è innocuo, per lo meno più innocuo di se invece decide di poter crossare liberamente).

Ed è una manovra difensiva che i due effettivi del Napoli che raddoppiano possono “battezzare” e fare propria tranquillamente, perché Pulisic spazio per ri-puntare la fascia non ne ha più (ormai si è accentrato troppo).

E invece Mario Rui e Kvaratskhelia compiono il primo capolavoro: si mettono nella posizione di cui sopra, stanno a distanza dovuta (quasi reverenziale) e lo lasciano crossare da una posizione molto pericolosa, perché da lì il cross di sinistro assume una traiettoria a rientrare verso il portiere.

Il cross parte, e tuttavia ci sarebbe il tempo perché Meret, già da far suo, possa uscire su un pallone che arriva a spiovere lento al limite dell’area piccola: mi sembra che i miei allenatori, nelle scuole calcio che frequentavo, insegnassero ai portieri ad uscire ed a fare proprio il pallone quando questo arrivava in una zona di nessuno, in cui, cioè, era facile che il difensore si fosse perso l’attaccante ed in cui, per non eccessiva distanza alla porta, oltre che per traiettoria lenta che te lo consente, lo stesso portiere fosse facilitato ad un intervento in anticipo, anche con eventuale respinta.

Niente da fare, Meret rimane in porta.

La palla arriva quindi a Giroud, che la spizza letteralmente indisturbato nonostante il Napoli sia a difesa schiacciata (come volevasi dimostrare) e schierata.

Rrahmani, che pure ad un certo punto (a cross che sta per partire) sembra prendere le distanze da Giroud per seguirne i movimenti e leggerne in anticipo la giocata, si perde completamente l’attaccante francese, il quale, anche grazie a Di Lorenzo che non gli “scala” e non gli salta addosso quanto meno per disturbarlo (poteva farlo, perché ben consapevole che la traiettoria del pallone non sarebbe arrivata all’uomo che gli stava dietro e perché ben consapevole che il compagno se lo era perso), la indirizza in porta.

Anzi, mi correggo: la indirizza sulla figura di Meret, il quale se sta fermo in posizione quel pallone lo blocca, ma invece sceglie di “tuffarsi su se stesso” (pretendo la paternità di quest’espressione fantastica, ove la Crusca dovesse sdoganarla) e recapita lui medesimo il pallone in rete.

Mah.

Il secondo gol sembra una fotocopia un po’ sbiadita del primo.

La diversità è che il cross nasce quasi dalla linea di fondo e che viene effettuato da Calabria/Dialma Santos, a cui Kvaratskhelia (l’uomo deputato a contrastarlo in quella fase difensiva) invece che mangiargli le caviglie, lascia al difensore del Milan tutto il tempo di gettarsi su quella seconda palla lasciata libera dal contrasto Mario Rui / Musah.

L’identicità dell’azione è che il cross è una mozzarella, che il Napoli prende il gol a difesa schierata (che ha tutto il tempo d posizionarsi faccia al pallone) e che Rrahamani (ancora lui) fa saltare Giroud con una facilità tale da lasciarmi allibito.
Doppio Mah.

Il gol del 2 a 1 è un gol FENOMENALE (DICASI FENOMENALE) di Politano.

C’è un gioco a due sulla fascia destra (lungo la linea dell’out, zona tre quarti avversaria) con il suo compagno preferito (Di Lorenzo); il capitano del Napoli alza il pallone con uno scavetto per superare fisicamente la pressione dei difendenti del Milan e lo indirizza verso la linea di fondo dove Politano è già scattato a ricevere l’uno-due.

La palla rimbalza per terra, Pellegrino (nuovo difensore mai sentito prima: complimenti per l’acquisto, Milan!) sceglie male il tempo ed il modo dell’anticipo e Politano dopo il primo rimbalzo del pallone con un sombrero delizioso glielo fa passare sopra, sbarazzandosi dell’avversario e guadagnandosi l’entrata nell’area di rigore.

A quel punto arriva The Hernandez, con il suo solito fare un po’ bullesco, quasi a dire “ci penso io”.

E infatti ci ha pensato proprio lui: mentre la palla sta rimbalzando per terra dopo il sombrero di cui sopra, Politano di contro-balzo, con un tocco di delicatezza sopraffina, gliela fa passare sotto le gambe (o dall’altra parte delle due gambe, non si capisce bene) ed in ogni caso manda Hernandez al bar, insomma fuori inquadratura, si aggiusta il pallone ancora con un tocco utile per prepararsi al meglio al tiro, e lo fa partire con una fucilata, quasi mirando alla faccia del portiere e così continuando la giustissima guerriglia contro il “regime del secondo palo”.

Gol fantastico, che se avesse fatto qualsiasi altro giocatore di squadre più blasonate avrebbe fatto parlare di lui per settimane.
Politano era, per quanto mi riguarda, arrivato di secco (lo detestavo per il solo fatto di pensare di poter sostituire il mio più grande idolo del Napoli contemporaneo, Josè Maria Callejon, un uomo che nel mio cuore sta laddove ci sono soltanto Rudi Krol e Bruno Giordano), ma ormai si è messo di chiatto (perché il ragazzo sa giocare a calcio non bene, ma benissimo, specie ora che ha imparato a non entrare solo nel campo).

Il gol del pareggio arriva su un ottimo calcio di punizione di Raspadori, che con traiettoria al bacio ma fortissima aggira la barriera a la piazza direttamente sul palo del portiere del Milan.

Gol che, ancora una volta, certifica i colpi del ragazzo.

E gol che, si badi bene, arriva anche grazie ad una barriera messa così male da Maignan da chiedersi a cosa stesse pensando in quel momento.

Il trucco, caro Maignan, è che il tuo palo devi farlo coprire completamente dall’ultimo tuo uomo in barriera, non dall’avversario che si sa che dalla barriera si sfilerà e lascerà traiettoria libera al compagno che la punizione la calcia.

Al netto del secondo tempo, a me rimangono in testa la pena del primo ed il fatto che la partita secondo me non la si è ripresa per reazione ragionata e composta del collettivo, ma per orgoglio e colpi dei singoli.

Altro che palle.

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