La conferenza di ieri ha messo tanta tristezza: Edo talent scout di Kvaratskhelia, Garcia ufficialmente saldo al comando
La presidenza De Laurentiis volge mestamente al termine. Come un tifosotto qualsiasi che evocava il rinnovo per Mertens per i suoi 148 gol in azzurro, De Laurentiis ha invocato la bontà dei suoi 15 anni di serie A ad altissimo livello. Tutto giusto per carità. Tutto legittimo. Ma quando guardi all’indietro per giustificare il tuo domani allora vuol dire che sul tuo impero, che non è quello di Carlo V, sta tramontando il sole.
Deve fare un po’ tristezza capire che il proprio tempo è passato. Succede a tutti. Nelle parole di ieri De Laurentiis ha tracciato anche una linea di successione a favore del figlio Edoardo, a cui, parole del presidente, per primo era stato segnalato il nome di Kvicha Kvaratshkelia. Farebbe ridere già cosi, se non ci fosse in queste parole l’ennesima picconata alla credibilità professionale di Cristiano Giuntoli, che non è un dio sceso in terra, ma qualche partita di calcio l’ha vista nella sua carriera.
Per salvare la propria presidenza De Laurentiis avrebbe dovuto derogare ad un principio cardine dei suoi primi quindici anni di serie A: delegare ad una o due figure in grado di traghettare il Napoli verso una nuova dimensione. Affidarsi a Garcia è stata una marcia indietro che la squadra campione d’Italia ha colto come un segnale societario che manifestava lo stupore per il titolo appena lasciato in eredità da Luciano Spalletti: siamo questi non facciamo voli pindarici.
Certamente ripetere i disastri della Fiorentina di Cecchi Gori nella stagione 1992-1993 è impensabile. Ma a differenza dei “quindici anni” De Laurentiis, al netto delle proprie capacità, ha sempre avuto la tendenza ad infilarsi in vicoli ciechi. Minare l’autorità di Garcia, delegittimandone la figura dinanzi ai calciatori, all’opinione pubblica ed alla tifoseria, senza volere veramente prenderne il sostituto desiderato, è il primo passo verso un disastro tecnico e societario annunciato.
Dover cercare di rimettere insieme i cocci di una stagione già al venti ottobre è triste. Garcia dal canto suo non ha fatto molto per entrare in sintonia con l’ambiente, togliendo certezze ad un gruppo emotivamente delicato, non riuscendo a convincere nessuno a sposare il suo progetto. Anche lo staff ridotto all’osso (Jobart, Fichaux, Rongoni e Beccaccioli) dai diktat societari ha svuotato d’autorevolezza e credibilità l’arrivo del francese a Napoli.
Ma basterà poco affinché la sfiducia della società si trasformi in un esonero che è nei fatti e nelle parole. La trasferta di Verona sembra essere già un crocevia. Come doveva esserlo la Fiorentina.
L’ombra di un traghettatore ad ottobre fa prendere alla stagione la forma di un Titanic gestionale, anche se dovesse arrivare il proprietario del Paradiso.
Venio Vanni
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