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Gratteri: «Mai giudicato i sostituti procuratori di Napoli. Le intercettazioni servono e vanno pubblicate»

Al Fatto la prima intervista del procuratore di Napoli: «Che vuol dire magistrato-sceriffo? Ho sempre lavorato con il codice in mano»

Gratteri: «Mai giudicato i sostituti procuratori di Napoli. Le intercettazioni servono e vanno pubblicate»
Italian anti-mafia prosecutor Nicola Gratteri speaks during a television interview on January 11, 2021 in Rome (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

Nicola Gratteri rilascia la sua prima intervista da procuratore della Repubblica a Napoli. E la rilascia al Fatto quotidiano, a Gianni Barbacetto.

«Sono onorato. Si tratta di una realtà complessa. Il mio impegno è quello di dare il massimo per proseguire il percorso fatto dai miei predecessori e di valorizzare al meglio tutte le professionalità e le risorse presenti».

Alcuni suoi colleghi, dopo la diffusione di stralci della sua audizione, hanno fortemente criticato alcune sue affermazioni.

«È vero, ho detto quanto c’era scritto, ma erano dichiarazioni che facevano parte di un discorso molto più ampio. Non era un giudizio sui sostituti della Procura di Napoli, che non conosco e quindi mai avrei potuto giudicare».

Napoli è la capitale della camorra. Lei ha grande esperienza di ’ndrangheta. Sarà difficile affrontare una realtà diversa?

«Il metodo di lavoro e gli strumenti investigativi sono gli stessi. Ovviamente ciascuna organizzazione ha le sue peculiarità. Normalmente, quando si cambia Ufficio, occorre colmare un fisiologico deficit di conoscenza sul territorio in cui si arriva. Metterò a disposizione la mia esperienza maturata in altri contesti, confrontandomi con quella dei colleghi».

L’hanno accusata di essere un magistrato-sceriffo.

«Non ho mai capito cosa vuol dire. Ho sempre lavorato con il codice in mano, se non ci sono le condizioni per arrestare o processare, sono il primo a fermarmi. Ciò che non tollero è non indagare o fare distinguo, per ragioni metagiuridiche. Tutti sono uguali di fronte alla legge. Se ci sono le prove si procede, altrimenti no».

La Procura di Napoli in passato ha condotto grandi inchieste sulla corruzione politica e sulle illegalità delle imprese. Poi è sembrata rallentare…

«Non sono abituato a dare giudizi senza constatare di persona. Sicuramente la riforma sulla cosiddetta presunzione di innocenza, sulla quale è noto il mio giudizio negativo, ha reso meno facile il lavoro degli organi di informazione».

L’hanno anche accusata di aver fatto indagini-show per attirare visibilità.

«Rispondo con le sentenze. Le cosiddette operazioni show, approdate a giudizio, stanno ottenendo conferme in primo grado, appello e Cassazione. Chi mi accusa di fare indagini che finiscono nel nulla, cita sempre le stesse due o tre. Come se avessi fatto solo queste».

Ridurre le intercettazioni?

«E perché? La criminalità si sta evolvendo e noi andiamo indietro. Gli altri Stati stanno investendo per “bucare” le piattaforme telematiche con cui le mafie comunicano, e noi dovremmo tornare all’investigatore con la lente d’ingrandimento?»

Impedirne la pubblicazione?

«Sono d’accordo sul fatto che le misure cautelari e le informative di reato debbano contenere solo i dati rilevanti e che si faccia attenzione a non coinvolgere terze persone. Ciò posto, se si adottano queste doverose accortezze, le intercettazioni, come tutti gli atti non più coperti da segreto, devono poter essere pubblicate, per consentire una informazione precisa e soprattutto esatta».

Sulla divisione delle carriere.

«La verità è che la separazione delle carriere è l’anticamera della sottoposizione del pm all’esecutivo».

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