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Vanzina: «Gli italiani hanno finito per imitare i personaggi messi in scena nei miei film»

A La Stampa: «Quando conobbi Berlusconi mi chiese come si facesse un film. Glielo spiegai in 20 minuti, riassunse in un minuto e mezzo. Era geniale!».

Vanzina: «Gli italiani hanno finito per imitare i personaggi messi in scena nei miei film»

Su La Stampa un’intervista ad Enrico Vanzina, sceneggiatore, produttore cinematografico e regista. Con suo fratello Carlo, scomparso nel 2018, ha dato vita a ben 250 film. Rivendica di aver creato, con le sue pellicole, decenni fa, la moda «la moda eccessiva degli ampezzani più abbienti, come Daniela Santanché». I fratelli Vanzina hanno disegnato i cummenda milanesi e le loro mogli, protagonisti di Vacanze di Natale, con colbacchi, cagnolino e stivaloni di pelo.

Vanzina dice:

«È capitato per i nostri film quello che è successo per Alberto Sordi, lui metteva in scena il paese reale ma poi gli italiani finivano per imitare i suoi personaggi».

Racconta quello che gli raccontava Paolo Villaggio.

«Mi raccontava che mentre si proiettavano i suoi film la sala era travolta dalle risate. A lui piaceva orecchiare le reazioni all’uscita. Gli astanti, che si erano sbellicati fino a un momento prima, appena fuori dicevano “ma che str…!”».

Come è nata la vostra galassia di avvocati, politici e commercianti evasori fiscali che tanto ci ricorda le nuove lobby? Vanzina:

«Quando abbiamo cominciato a lavorare per il cinema, a metà degli anni Settanta, ci siamo resi conto che esisteva un’Italia nascosta, che nessuno andava a scovare. Abbiamo così deciso di esplorare, criticandola, quella Penisola che nessuno descriveva perché c’erano molti pregiudizi ideologici. Noi, proprio come diceva Ettore Scola, non siamo mai stati moralisti ma abbiamo cercato di far emergere tutte le fragilità, senza però identificarci».

Vanzina parla di Berlusconi.

«L’ho conosciuto nel 1983-1984. La prima domanda che mi fece fu: “Mi spieghi come si fa un film”. Ho impiegato una ventina di minuti per proporgli una sintesi essenziale. Berlusconi in un minuto e mezzo riuscì a riassumere. Era geniale! Poi mi chiese se volevo collaborare con la sua televisione. Gli ho detto che mi riconoscevo nella frase di Jean-Luc Godard “Il cinema crea ricordi e la televisione crea l’oblio”. La sua risposta fu: “La libertà di un Paese passa dalla possibilità di cambiare canale”. Fui folgorato, aveva ragione. Cominciai a lavorare per lui e facemmo per prima cosa I ragazzi della 3° C. Si è creato così, con i nostri film, un immaginario degli italiani che riguardava la moda, il calcio, i viaggi, i temi della seduzione e dell’eros praticati anche in maniera più disinibita che negli anni del terrorismo. Un immaginario che è passato anche per le tv di Berlusconi e ha raggiunto la popolazione».

Si è parlato tanto di egemonia culturale della sinistra. Oggi è la volgarità che ha preso il potere? Vanzina:

«Abbiamo precorso i tempi con i nostri film. Le nostre macchiette e le nostre parodie sembrano incarnare la tipologia attualmente prevalente tra gli italiani. L’unico modo per combattere il modo di esprimersi sessista, grossolano e al limite della decenza sono ancora l’ironia e la satira».

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