Analisi e commenti fermi agli anni Ottanta. Una fiera dei presunti buoni sentimenti mentre i sauditi comprano tutto e si sta avverando la profezia di Houellebecq
Mamma mia che palle. L’ipocrisia che si taglia a fatte. Quella del giornalismo italiano, non quella di Lukaku. Come ampiamente prevedibile, i giornali oggi sono pieni di pistolotti nei confronti del belga che ha avuto l’ardire di appendere l’Inter e di promettersi in sposo alla Juventus. E del suo avvocato-procuratore trattato alla stregua di un delinquente. A parte il fatto che – come da giorni spiegava in beata solitudine Ivan Zazzaroni sul Corriere dello Sport – la Juventus trattava Lukaku da marzo. Ma a noi il punto sembra un altro: bisogna a tutti i costi provare a tenere in piedi la pantomima novecentesca dell’attaccamento alla maglia, dei valori (ma quali valori?) in un mondo, quello del calcio ad alto livello, che è equiparabile all’alta finanza. Ma a chi giova questa sceneggiata? È come se ogni giorno dovessimo sorbirci editoriali sull’importanza della tv in bianco e nero o del telefono fisso.
È il remake della vicenda Tonali. È tutto un “gesù signora mia”. E ogni volta bisogna imbastire la messinscena dello stupore misto a indignazione. Come quelle persone un po’ tonte che non imparano mai dall’esperienza, che non riescono a fare due più due. Ovviamente è tutta finzione. Evidentemente sono convinti che consenta di non perdere lettori o spettatori. Aggrappati alle frasi dei diretti interessati. «Mai alla Juventus» aveva detto Lukaku. Traditore! Bugiardo! Il punto è un altro. Lukaku, a quella domanda, non era libero di rispondere come avrebbe dovuto: «Certo, se mi danno più soldi perché no?». Si sarebbe trovato contro l’esercito di moralizzatori, i soliti ultras che lo avrebbero insultato per tutta la durata del contratto, trasmissioni tv ricolme di ohhh di indignazione. Perché nessuna emittente programma una bella trasmissione a puntate per spiegare che cos’è il calcio, senza scandalismi: un’operazione didattica. Educational channel.
Non possiamo continuare a sorbirci questi polpettoni mentre l’Arabia Saudita sta sottraendo cinque calciatori al giorno al football europeo e di questo passo potrebbe presto svuotare di significato la Champions. Mentre il City vince la Champions dopo sette anni di gestione talmente sospetta da essere sotto inchiesta in Inghilterra. Pochi mesi dopo il Mondiale in Qatar terminato con Messi premiato col bisht apoteosi della profezia di Houellebecq poi costretto a rimangiarsi tutto per paura di fare una brutta fine. E i media italiani stanno ancora a menarcela con i buoni sentimenti, con la parola data. Ma allora non chiamiamolo più giornalismo: scriviamo cartoni animati, inventiamoci una bella sigla d’apertura e almeno la confezione avrà una sua dignità. Modello Sperlari non a caso pubblicità anni Ottanta. Ci sta benissimo.