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Il Napoli è in calo fisico da due mesi, bisognerà riflettere su questo

Il gol del Monza è uno dei più bei contropiede dell’anno, complimenti a Palladino. Ma ci sono anche le enormi difficoltà del Napoli in fase di transizione negativa.

Il Napoli è in calo fisico da due mesi, bisognerà riflettere su questo
Napoli's Cameroonian midfielder Andre Zambo Anguissa reacts during the Italian Serie A football match between Monza and Napoli on May 14, 2023 at the Brianteo stadium in Monza. (Photo by GABRIEL BOUYS / AFP)

Per me, quello a cui si assiste da ormai due mesi è un calo fisico/atletico vero e proprio, bello e buono del Napoli, un calo che non dipende dall’avere ormai vinto lo scudetto (altrimenti mancherebbe la giustificazione all’eliminazione dalla Champions League, causata da una squadra che se incontrata 4 mesi fa avrebbe potuto anche non presentarsi in campo), ma dal fatto che, per n ragioni, forse non è davvero pensabile di mantenere la stessa eccellente condizione per tutto l’anno.

Ora: per tutto l’anno no, ma nemmeno pensare che i cali durino per settimane e settimane, perché si badi bene che anche l’anno scorso, seppure in un periodo diverso dell’anno (ma ahimè, per un periodo ben decisivo per la lotta scudetto), il Napoli è crollato.

Bisognerà riflettere su questa cosa, secondo me, ed inoltre trarre spunto proprio da questo periodo per farsi domande sull’affidabilità, a certi livelli, di taluni giocatori su cui si sceglie di puntare.

Il primo gol del Monza scaturisce da una delle più belle azioni di contropiede viste quest’anno in serie a.

Un’azione davvero bellissima, che tuttavia ripropone un’enorme difficoltà che il Napoli ha molto (troppo?) spesso palesato quest’anno in fasi di gioco identiche:

  1. innanzitutto, quella per cui, quando va male la prima pressione sulla costruzione dal basso avversaria (tanto meno quando viene esercitata in modo non più feroce come mesi fa), ovvero dopo che la squadra avversaria ha a sua volta conquistato il pallone dagli azzurri, poi a campo aperto lo stesso Napoli fa una fatica tremenda a tenere botta. Sia perché, oggettivamente, ha troppi  giocatori (anche centrocampisti) davanti alla linea del pallone, sia perché, a parte Kim, quelli che rimangono a presidiare lo spazio di campo tra la linea della palla e la nostra porta appaiono troppo lenti rispetto alle caratteristiche che invece i tuoi difensori devono avere quando adotti un simile atteggiamento offensivo.
  2. inoltre, quella per cui, una volta in area di rigore del Napoli, sembra quasi che ci sia confusione nelle scelte difensive da adottare per evitare le conclusioni a rete avversarie (per zone da presidiare, per uomini da attaccare, per modi di attaccare gli uomini che devi attaccare).

L’azione del Monza, dicevamo, si sviluppa in  modo eccelso, con un originario triangolo (effettuato con la semplice sponda del primo ricevente palla) che libera un giocatore brianzolo (l’ultimo ricevente palla della catena di costruzione a tre),  e che così taglia fuori la pressione di Anguissa e Lobotka (e siamo alle solite: lì si fa fallo, non si fa partire l’azione), dando così la possibilità alla squadra biancorossa di portare palla a campo aperto – perché a quel punto  non ci sono più centrocampisti a fare da frangiflutti e perché la linea difensiva del Napoli pensa, giustamente, solo ad iniziare a scappare verso la propria porta.

La palla arriva a Caprari che, giunto all’altezza del limite dell’area, la imbuca ad un suo compagno che si trova già li dentro, mentre nel frattempo un altro compagno (Pessina, che non sbaglia un movimento che sia uno) si è gettato, in sovrapposizione interna, ad attaccare lo spazio dietro i difensori del Napoli.

Ed infatti, subito il giocatore del Monza che riceve palla da Caprari la sponda (di prima) allo stesso Pessina, il quale seppure contrastato da Gollini ha il tempo per passarla all’altro suo compagno che dall’altra parte dell’area  sta gettandosi sul pallone che vede arrivare lì.

Un’azione strepitosa, con movimenti sincronizzati (perché ovviamente studiati, ri-studiati e ripetuti) che sbugiardano, ove ve ne fosse bisogno, la tesi per cui il bello (e lo studio tecnico/tattico) è solo nel possesso palla.

In serie A, cari miei, senza studio tecnico/tattico anche nella fase delle ripartenze, non ci arrivi nella porta avversaria attraversando il campo con 11 uomini e con 5 tocchi. Complimenti a Palladino.

Un’azione bellissima, dicevamo: ma quanto c’è del Napoli in quest’azione?

Si diceva delle enormi difficoltà in fase di transizione negativa.

Ma poi, una volta che gli uomini ti arrivano in area, che si fa?
Il triangolo che fa arrivare la palla a Pessina che si è buttato ad aggredire lo spazio di cui si è detto riesce non solo grazie al ritardo con cui Elmas e Lobotka arrivano a presidiare quello spazio.

Juan Jesus, infatti, in quell’occasione deve fare una delle due scelte (che non fa): o rompere la linea per andare subito ad aggredire il giocatore del Monza che riceve il pallone da Caprari (per contrastargli il passaggio o qualsiasi altra giocata) o subito battezzare l’imbucata per Pessina (che vede corrergli nello spazio che ha dietro) e preoccuparsi di contrastare soltanto quest’ultimo.

Juan Jesus, invece, verrebbe da dire come al solito, sceglie di rimanere nella sua posizione, fermo ed innocuo rispetto all’ultima fase dello sviluppo dell’azione del Monza.

E poi Elmas, Olivera e Rrahamni: mentre la palla viene ribattuta da Gollini, addirittura si scontrano tra di loro, in confusione totale rispetto a cosa fare in quella fase di gioco difensivo, lasciando tempo e spazio libero a Carvalho, il quale a quel punto calcia indisturbato.

Insomma, altro che calo da soddisfazione per lo scudetto vinto; si tratta di errori in fase difensiva (visti più e più volte quest’anno, anche quando non c’era alcun calo da accusare) su cui l’allenatore dovrà lavorare per mettervi riparo.

Stessa cosa nell’azione del secondo gol.

Che da un lato mostra, ancora una volta,  la non eccelsa velocità di Rrahamni nell’uno contro uno (contro Carvalho, che a chi scrive non sembra Usain Bolt) a campo aperto.

Ed allora, una domanda: se vuoi giocare così, è corretto puntare su un difensore che, per quanto buono, ha queste caratteristiche?

Dall’altro lato, la stessa azione  mostra – ancora una volta – scelte di Juan Jesus  molto simili a quelle di cui sopra si è detto.

Dopo il tiro respinto da Gollini, la palla arriva in mezzo all’area di rigore a Petagna, che a quel punto si trasforma in Van Nistelrooij: ha il tempo di stopparla, aggiustarsela per una prima finta di tiro, poi di rimettersela sul piatto per piazzarla e poi ancora di far partire il tiro indisturbato.

Tutto questo perché Juan Jesus dapprima se lo perde (il numero 5 del Napoli stava infatti guardando verso la propria porta, dando le spalle all’avversario e standogli a 5 metri), e poi rimane nella propria posizione non chiudendo lo specchio della porta e facendo si che l’attaccante avversario abbia tutto il tempo per piazzare la palla sul palo lungo.

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