Come l’Inter di Herrera, il tiki taka e il Milan di Sacchi. Una squadra formidabile e un allenatore che è l’antitesi del dogmatismo tattico
Affrontare gli azzurri di Spalletti è come andare al teatro per ascoltare il “Barbiere di Siviglia” e ritrovarsi tra una scena e l’altra con performance di rock duro, jazzisti scatenati, cori blues, musica pop.
Lode al Napoli, dunque, la squadra più “imprevedibile” del calcio europeo che nella stessa partita è in grado di alternare con incredibile disinvoltura diversi generi “musicali”.
È grazie a questa caratteristica che abbiamo accumulato 18 punti di vantaggio.
Certo il Napoli è capolista perché il Mister sa tenere insieme lo spogliatoio, perché ha rottamato qualsiasi forma di vittimismo o di alibi, perché grazie all’etica del lavoro ha fatto crescere tutti i suoi giocatori. Ma c’è di più.
Luciano Spalletti stravince perché è l’antitesi del dogmatismo tattico.
L’imprevedibilità del Napoli che stordisce gli avversari costringendoli al catenaccio è figlia di almeno 3 scelte che spiegano la sua “flessibilità tattica”.
In primis quella più evidente. La squadra non è prigioniera della mania del “possesso palla”. Alterna la costruzione dal basso, una lunga e paziente rete di passaggi, con lanci lunghi alle spalle della difesa. Questa doppia opzione manda letteralmente “al manicomio” centrocampo e difese avversarie. La seconda ragione è nel ritorno alle origini. È la scelta di puntare di più sul dribbling, sul gesto tecnico individuale per aprire spazi e generare superiorità numerica. Il terzo elemento che caratterizza il Napoli è la sua libertà tattica. È la ricerca degli “spazi liberi” a determinare i movimenti dei giocatori e non un copione fisso da mandare a memoria e riproporre automaticamente. È così che si spiega che nel corso della partita può succedere che Kvaratskhelia all’improvviso lo ritrovi a destra. Che i terzini si infilino negli “spazi di mezzo” tra difesa e centrocampo. O ancora le verticalizzazioni centrali che si alterano al gioco sulle “catene laterali”.
Senza presunzione e con i piedi saldamente per terra, credo che di questo squadrone si continuerà a parlare a lungo.
Non è difficile prevedere che dopo il secolo in cui si è celebrato Karl Rappan che nel 1932 inventò il ruolo del “libero” e poi il catenaccio di Nereo Rocco ed Helenio Herrera, il 3-5-2 di Trapattoni e Radice, il fantastico Ajax di Cruijff e Michels, il grande Milan di Sacchi, l’era Maradona, il Tiki Taka del Barcellona di Guardiola, verrà il tempo in cui con nuovi capitoli si racconterà del fantastico Napoli di Luciano Spalletti del 2022/23 e della grande festa che noi avremo il privilegio di poter vivere. Io ho rotto gli indugi e sto facendo sistemare la mia vecchia bandiera che comprai l’8 maggio del 1987.