Sul gol di Osimhen. Addio a strane soluzioni artistiche, il nord macedone tira forte vivaddio. E riguardatevi il suo stop al 40esimo
Vittoria importantissima. Arrivata, e questo è ancor più degno di nota, contro una squadra scesa in campo per coprire ogni spazio ed ogni linea di giocata posizionandosi nei suoi ultimi 30 metri, sistema difensivo che se negli anni passati (mi riferisco a quelli pre-Spalletti) è stato davvero in grado di creare grandi difficoltà al Napoli, questa volta è stato scardinato grazie ad un paio di caratteristiche (tecniche) che miste ad un diverso atteggiamento di squadra (caratteriale) stanno facendo la differenza.
Negli anni passati, sistemi e posizionamenti difensivi come quelli adottati ieri dalla Salernitana mettevano in difficoltà il Napoli perché lo costringeva ad un continuo giro palla per trovare l’imbucata giusta, sembrando avere quale unico modo per rendere inefficace quest’approccio difensivo quello di mettere a tu per tu contro il portiere l’attaccante od il centrocampista che entrava nello spazio.
Quest’anno (già l’anno scorso si era iniziato a vedere qualche cosa al riguardo) è diverso.
Innanzitutto, si stanno scoprendo le capacità e le doti “aeree” di Osimhen, che nei colpi di testa (vuoi nelle azioni in movimento, vuoi sui calci piazzati) sta dimostrandosi un vero cecchino: non è cosa di poco conto, perché rappresenta una soluzione offensiva molto efficace proprio quando spazi per giocate in verticale non ce ne sono e si è spesso costretti a cercare la soluzione, riempita l’area con più “colpitori” possibili, dei traversoni – effettuati non necessariamente dal fondo (perché è difficile arrivare anche lì in queste condizioni) ma anche dalla linea della trequarti – per cercare il colpo di testa.
Inoltre, si cerca di far arrivare al tiro i centrocampisti, o chi ne ha simili doti, già a partire dalla linea dei 25 metri, e sembra un vero e proprio diktat (che trova d’accordissimo chi scrive): anche ieri, il secondo gol è stato propiziato proprio da un tiro del genere di Elmas, che non ci ha pensato un attimo non appena liberatosi del suo diretto avversario.
Anche questa cosa sembra da poco, declinando in realtà non solo un’ulteriore efficace soluzione offensiva quando si incontrano squadre che si chiudono, ma anche la manifestazione di uno stato d’animo diverso rispetto a quello a cui, chi scrive, era abituato negli anni scorsi, quando spesso sembrava che con le partite si giocasse e non le si giocasse, tentando soluzioni artisticamente difficili e/o di presunta bellezza (per esempio cercando di accarezzare la palla imprimendole traiettorie a giro od a “modello colpo biliardo”), mentre ora la palla viene sempre calciata o schiaffeggiata con quella cattiveria agonistica che lo sport a questi livelli impone.
Se vuoi uccidere qualcuno, è al cuore che devi mirare, Ramon.
Non solo la vittoria, insomma: ma le soluzioni grazie a cui è arrivata, l’atteggiamento da squadra killer grazie a cui si è prodotta sono importantissime.
Il primo gol è frutto di un’azione bellissima, in cui la parte del padrone la fa (come spesso sta accadendo quest’anno in fase di impostazione o di rifinitura) Mario Rui.
Riguardate bene l’azione nella fase di partenza.
Sembra la classica impostazione effettuata utilizzando la “catena” di tre uomini nella zona di sinistra per chi attacca.
La palla arriva, in quella zona e sulla trequarti avversaria, ad Anguissa, mentre Mario Rui gli sta (tre metri più avanti) subito dietro: per impostazioni offensive del genere, quella che Mario Rui ha in quel momento è una posizione sbagliata, perché lui dovrebbe già stare in mezzo al campo (dove poi si posiziona quando chiude l triangolo al giocatore camerunense) per arrivare alla soluzione di gioco a cui poi si arriva.
Cosa fa Mario Rui?
Se ne accorge, ed infatti, già mentre la palla sta per essere stoppata da Anguissa, si sfila da quella posizione per andare subito ad occupare quella che occupa quando riceverà il pallone per lo scambio a due, entrando nel campo.
E lo fa con postura da professore, perché mentre scatta in quella posizione non gira mai la schiena e la faccia al pallone, così da averlo come punto di rifermento insieme alla possibile giocata del compagno.
Così sarà, Mario Rui aveva capito tutto: non appena arriva nella posizione di scambio, si gira completamente verso il compagno ed assume la postura giusta per ricevere il pallone.
Anguissa glielo passa, e subito scatta in verticale dietro la linea della difesa avversaria per chiamare palla e triangolazione.
Maio Rui lo “vede”, ed a quel punto fa l’ennesima cosa da professore, che mi ha ricordato le esercitazioni che da bambino facevo con l’allenatore che vedevo non solo, ovviamente, molto più grande e forte di me, ma anche in grado di fare cose con il pallone che io ancora nemmeno ero in grado di pensare.
Ed infatti, come l’allenatore nelle esercitazioni del triangolo ripassa al bambino la palla nello spazio con i giri contati (ma in quell’esercitazione nessuno c’era a difendere, per non parlare del resto …), così il portoghese, come se non avesse di fronte nessuno (invece che una difesa di serie A schierata per evitare quanto in esame), ripassa la palla ad Anguissa esattamente laddove la palla deve essergli recapitata per disinnescare i movimenti di copertura dei suoi avversari.
Anguissa la riceve, e fa anch’egli una giocata spettacolare: si accorge che in quel punto e da quel punto, e cioè a metà area di rogore, non solo i compagni non si sono ancora posizionati per ricevere il passaggio, ma non i sono nemmeno ancora linee per lo stesso.
Non è ancora il momento di crossare, insomma.
Quindi, con una finta alla Zidane (fa passare la gamba ed il piede destro sopra il pallone mentre si ferma per una frazione di secondo per poi riaccelerare) scatta ancora verso la linea di fondo e ci arriva, perché sa che da lì il passaggio con pallone all’indietro arriverà sulla corsa di uno dei compagni che nel frattempo sta riempendo l’area.
La palla così crossata raso terra a tagliare l’area arriva a Di Lorenzo, nella ormai solita posizione di attaccante aggiunto (cioè di giocatore che ha il compito appunto di riempire la zona dell’area di rigore subito dietro la prima linea che traccia Osimhen), che dopo un perfetto stop a seguire fulmina il portiere della Salernitana con una saetta imprendibile.
Il secondo gol è frutto di quanto accennavamo sopra, oltre che di un’ altrettanto solita soluzione quest’anno commentata più volte.
Mario Rui entra nel campo portando il pallone nella zona della trequarti di sinistra (per chi attacca), Elmas gliela chiama, il portoghese gliela gioca e scatta subito ad aggredire lo spazio dietro al compagno.
Lo fa non perché rivuole il pallone (praticamente impossibile da rigiocargli perché Elmas è letteralmente di spalle rispetto a questo movimento ed a quella zona aggredita dal compagno), ma per far muovere la linea di difesa della Salernitana e dare al compagno la possibilità di non giocare contro un raddoppio.
Ennesima giocata e pensata eccezionale, questa di Mario Rui: il movimento va a segno, i due giocatori della Salernitana che hanno il compito di occuparsi di chi ha scaricato il pallone e di chi lo ha ricevuto sbagliano nello scambiarsi la posizione sugli stessi, Elmas se ne accorge ed in un attimo, con un controllo leggero ma orientato con il piede destro, si sposta a palla per il tiro, si gira definitivamente faccia al portiere e calcia verso la porta, vivaddio.
Tira forte, anche se angolando il pallone, perché sa che la questione è fare gol, non fare cose che vorrebbero apparire spettacolari.
A Salerno piove, il campo è bagnato, la palla rimbalza a terra schizzando sopra il braccio teso del portiere che tenta l’intervento e quindi lo supera, ma prende il palo: rientra in campo, ed è subito preda di Osimhen, che da grande centravanti (anche cosiddetto da area di rigore) è laddove deve essere (ma non sei lì se prima non vai ad aggredire quella zona con fame da lupo) per ribatterla in rete.
Che meraviglia, i centravanti, quelli che per dirla come un mio vecchio allenatore, “sono importanti come il pallone: senza non puoi giocare”.
Due a zero, cavalcata che continua, ed Allegri che a questo punto di lungo muso scivola a -28, perché non solo il calcio, ma anche i numeri sono una cosa semplice.
Un’ultima cosa, perché me l’ero segnata ripromettendomi di dirla: se avete la possibilità, riavvolgete il nastro della partita, andate al 40simo del primo tempo e guardate lo stop di Elmas su rinvio avversario di 50 metri con palla a spiovere.
La guarda, si posiziona con il corpo in modo da evitare la pressione avversaria (quelli bravi dicono: prende la posizione) e smorza il pallone incollandoselo alla punta del piede destro ed addormentandolo a terra: poi si gira e la scarica al compagno, come se avesse bevuto un bicchiere d’acqua.
Quello che un tempo si diceva valere il prezzo della partita, eccolo qua.
Io ero quasi apposto così.