Solo per portare frigoriferi e scorte alcoliche al Mondiale ha buttato 5 milioni di dollari. Ma la vendita della birra era solo una piccola parte del piano commerciale
Alla fine Budweiser ha annacquato la birra e se l’è cavata. Lo scandalo della birra vietata negli stadi del Qatar, con una decisione last minute del governo che aveva fatto impallidire gli avvocati della Fifa e del birrificio statunitense, è una storia abbastanza simbolica di “rebranding” aziendale. La racconta il New York Times, sottolineando che poi, alla fine, la birra in sé era solo un mezzo, se non un dettaglio di un affare ben più grosso.
Tanto per cominciare, scrive il Nyt, Budweiser è ovunque, in Qatar. A dispetto dell’alcol:
“Il tema del lussuoso hotel W nel centro di Doha è la birra. Birra Budweiser. Le pareti sono decorate con etichette Budweiser. “Budweiser” è dipinto a caratteri enormi lungo il banco del check-in. C’è un angolo “Budweiser Player of the Match”, dove le stelle del calcio in poltrona possono scattare selfie mentre sollevano un finto trofeo su uno sfondo Budweiser. Bagnato di rosso e bianco, il posto ha la sensazione di una gigantesca lattina di birra”.
Budweiser è lo sponsor ufficiale della Coppa del Mondo da 36 anni, e il divieto di alcol ha imposto una riformulazione del piano che l’azienda ha affrontato con una certa prontezza di riflessi. Ha inondando il Mondiale di birra analcolica. “A Lusail, i cartelli accanto alla Budweiser Zero indicavano debitamente che «Budweiser è orgogliosa di servire i suoi prodotti nel rispetto delle norme e dei regolamenti locali».
Ma intanto solo per la “seccatura logistica” di trasportare la sua birra in Qatar, immagazzinarla e assemblare l’infrastruttura di vendita necessaria per venderla, Budweiser dovrebbe aver buttato circa 5 milioni di dollari.
“Il 19 novembre Budweiser ha escogitato un piano per trasformare la birra invenduta in limonata twittando una fotografia di un mucchio di casse di birra in un magazzino in un luogo indeterminato. Ma le vendite effettive di birra al torneo erano solo una piccola parte di ciò che Budweiser si aspettava di ottenere dal suo accordo di sponsorizzazione, che include pubblicità sontuosa; intrattenimento a Doha e festival dei tifosi; e promozioni presso pub, ristoranti e punti vendita in circa 70 paesi. E poi il Qatar non è una zona senza birra: i tifosi possono berla a orari prestabiliti nelle “zone per i fan” approvate dal governo lontano dal gioco e nei bar degli hotel, e a visitatori selezionati sono stati concessi i permessi per acquistarla in un unico punto vendita isolato”.
Il New York Times sottolinea che “il contratto di sponsorizzazione da 75 milioni di dollari di Budweiser è in fase di rinnovo”, AB InBev, la società madre di Budweiser, ha rifiutato di discutere l’accaduto. Lo scandalo commerciale e politico alla fine è sfumato. E’ diventato analcolico.