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El Paìs: «Questo Messi non è il Maradona dell’86. E’ il Maradona di Italia 90»

“E’ un camminatore mimetico, ha fatto dell’invisibilità un’arte. E l’Argentina lo difende per non farlo affaticare”

El Paìs: «Questo Messi non è il Maradona dell’86. E’ il Maradona di Italia 90»
Argentina's forward #10 Lionel Messi celebrates after he scores his team's second goal from the penalty spot during the Qatar 2022 World Cup quarter-final football match between The Netherlands and Argentina at Lusail Stadium, north of Doha on December 9, 2022. (Photo by FRANCK FIFE / AFP)

“Un camminatore in mimetica”. Non il Maradona dell’86, più che altro quello di Italia 90. Leo Messi ha una strada storica già segnata, per El Paìs. Che non finì bene, peraltro. Anche se di quel Mondiale tutti si ricordano l’Argentina di Maradona più che la Germania campione, scrive il giornale spagnolo. “Il ritmo della competizione lo impose Maradona, che non aveva bisogno di giocare bene per subentrare alla narrazione: la straordinaria giocata che prima del gol di Caniggia nella vittoria sul Brasile agli ottavi, l’affermazione napoletana che ha trafitto Italia-Argentina come un pugnale in semifinale e, in finale, la sua furiosa reazione ai fischi dell’Olimpico. Ecco quanto era gigantesco il personaggio. Per ora, a due partite dalla fine, l’asse narrativo di questo Mondiale corrisponde a Messi e all’epopea emotiva della squadra argentina”.

Per El Paìs Messi “capitana una doppia avventura, la sua, e quella di una squadra che lavora sodo per aiutarlo e proteggerlo. Come Maradona Messi presiede una squadra sconfitta all’esordio, sottoposta a enormi sofferenze nella prima fase e agli ottavi, destinata a risolvere i quarti ai rigori —Jugoslavia là, Olanda qua— e ancora con tutta la nazione sul bordo del precipizio”.

“Questo Messi ci incoraggia anche a pensare a Maradona 90, non al clamoroso fenomeno di Messico 86. Sarà un caso, ma uno ha sbagliato un rigore —contro la Jugoslavia ai rigori— e l’altro pure (Polonia). Anche nel lampo si assomigliano: il passaggio alla cieca a Caniggia di fronte alle vessazioni dei marcatori brasiliani, la fuga di Messi dalla trappola difensiva olandese e il suo glorioso assist a Molina”.

“Protetto da una guardia che muore per difenderlo, Messi cammina più di tutti in questo Mondiale, in un’epoca di calcio che non tollera il camminatore. Non c’è il minimo senso di rimprovero nella squadra. Al contrario, lo preservano”.

Messi trasforma la sua condizione di camminatore in una risorsa mimetica. In mezzo allo spreco generale, all’ossessione per la dinamica, Messi sfrutta il ritmo distratto degli altri per nascondersi dagli avversari, programmare la sua riserva di energia e guardare la gente che gli sfreccia intorno. È un paradosso che minaccia la realtà attuale del calcio, ma che Messi sfrutta come predatore. Ha fatto dell’invisibilità un’arte“.

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