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Djorkaeff: «Le squadre italiane non fanno più paura»

Il consigliere di Infantino alla Fifa alla Gazzetta dello Sport: «Il livello tecnico al Mondiale si è abbassato. Giocano tutti allo stesso modo» 

Djorkaeff: «Le squadre italiane non fanno più paura»

Sulla Gazzetta dello Sport un’intervista a Youri Djorkaeff, campione del mondo con la Francia nel 1998 e campione
d’Europa due anni dopo. Tra le squadre con cui ha giocato ci sono Monaco e Psg. Ha chiuso la sua carriera calcistica nel 2006 nei Metrostars New York. Oggi è consigliere di Infantino alla Fifa. Dà il suo parere sul Mondiale in Qatar.

«Credo sia riuscito completamente, è una competizione incredibile, con stadi molto belli».

Djorkaeff riconosce, però, che «il livello delle squadre europee si è abbassato» e spiega qual è, secondo lui, il motivo:

«Forse perché i giovani non sono di alto livello. Mbappé è l’unico. E poi tutte le squadre giocano allo stesso modo, non ci sono più le scuole sudamericana, europea, africana. Agli ottavi mi aspetto grandi sorprese».

Il suo favorito, al Mondiale, è il Brasile. La sua Francia ha dalla sua il fatto che «i giocatori sono uniti» e «l’attacco alla profondità. Gli altri giocano sempre sui piedi».

Djorkaeff racconta com’è lavorare con Infantino.

«Sono sempre con lui, il suo consigliere per il calcio. Se viaggia per incontrare una federazione o un capo di Stato, ci sono. Capita di trovarci a ragionare di fuorigioco alle 2 del mattino. Infantino è aperto e nella casa della Fifa un ex calciatore che ha giocato in Italia, Francia, Germania, Inghilterra e Stati Uniti può servire»

Gli viene chiesto il suo parere sulle fasce arcobaleno: non è stato un errore vietarle?

«È delicato quando la politica entra nello sport. Molta gente vuole far passare un suo messaggio ma il calcio porta valori propri. Se cominciassimo a dare spazio a due-tre messaggi finiremmo per limitare i valori dello sport».

Ma che senso ha impedire di mostrare in tribuna una maglia con il nome di Mahsa Amini, uccisa perché indossava male il velo? Per lo stesso motivo? Djorkaeff risponde:

«Sì. Dare spazio a un messaggio nello stadio limiterebbe i valori dello sport. È importante che i giocatori si impegnino a portare un messaggio prima e dopo le partite, ma la partita deve essere un terreno neutro, dedicata ai valori dello sport. Un messaggio politico è meglio che non stia in uno stadio».

Djorkaeff parla anche del calcio italiano.

«Nel calcio italiano si dice sempre “cambiamo” e poi nulla cambia mai. Le squadre italiane ora non fanno più paura».

Gli chiedono anche dell’Inter.

«È in una situazione un po’ a rischio. È sempre una società forte ma l’impressione è che si stia rimpicciolendo. I campioni sono pochi. I giocatori sono bravi ma non c’è un campione che cambi la partita. Mi piace Lautaro però manca il talento top.

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