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Kvara è passato dall’Eco di Tbilisi al New York Times, De Ketelaere è rimasto sulla Gazzetta

Mediaticamente sembravano incomparabili. E in realtà lo sono anche sul campo, ma a ruoli invertiti. Un simbolo comunicazione sportiva italiana

Kvara è passato dall’Eco di Tbilisi al New York Times, De Ketelaere è rimasto sulla Gazzetta
Mg Verona 15/08/2022 - campionato di calcio serie A / Hellas Verona-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: esultanza gol Khvicha Kvaratskhelia

Dal momento che in due mesi abbondanti di nuovo Napoli pare di aver già letto (e scritto) tutto di Kvaratskhelia e di Spalletti, e di Kim, e di Giuntoli, ad un certo punto scatta il simbolismo agonistico. Tutti diventano un simbolo di qualcosa, nel tentativo (nostro) di dar significato alle cose anche quando funzionano e basta, scivolano via, naturali. Kvara nel frattempo è finito con una pagina a lui dedicata sul New York Times – The instant legend of Kvaradona – che tra due o tre anni adoreremo come un feticcio: quello, cari nipotini, è il momento in cui abbiamo perso uno dei più grandi giocatori al mondo. Uno così simbolo di un sacco di cose – della fantasia al potere, della sfrontatezza, della giovinezza eccetera – va usato anche per contrasto: per un Kvaratskhelia che trionfa a Napoli c’è un De Ketelaere che sfuma a Milano. Non è un parallelo artefatto, è una notazione quasi banale: il duello tra Napoli e Milan è perfettamente aderente ai suoi due giovani “campioni”. L’ha detto Albertino Bigon, che da giocatore fu milanista e che da allenatore ha vinto il secondo scudetto napoletano:

«De Ketelaere e Kvara sono simboli della situazione attuale di Milan e Napoli. Kvara appena tocca un pallone o fa un assist o fa un gol. De Ketelaere non ha ancora dimostrato quello che di buono si era visto prima che arrivasse al Milan. Sono i due emblemi della situazione attuale».

Solo che un’estate fa la commutazione aveva i ruoli invertiti. Il Napoli era alle prese con una psicosi collettiva che lo vedeva pre-sconfitto, in rottamazione, l’ambiente era depresso ed era anche in qualche modo orgoglioso d’averne motivo. Il Milan invece aveva vinto lo scudetto e aveva comprato Charles De Ketelaere già molto prima di comprarlo davvero. La Gazzetta dello Sport è stata quasi monofografica fino alla benedetta firma. Il prezzo era sempre “giusto”, anche se non lo era. Tutti parlavano di questo belga come ci fosse sempre stato. Una specie di predestinato rossonero nel dna. C’era un friccicore comunicativo che si autoalimentava.

Nel frattempo il Napoli aveva già comprato il suo corrispettivo un po’ pezzotto. Quel made in Georgia dal nome impossibile, così poco brandizzabile, risultato di chissà quale svendita. All’epoca – parliamo di 4 mesi fa… – Giuntoli era considerato un frequentatore di mercatini delle pulci, o poco più. Se lo stesso battage che abbiamo letto per De Ketelaere, un quotidiano sportivo italiano lo avesse prodotto per Kvara probabilmente sarebbero morti di stenti, a decine, i feticisti dello spelling, ma forse – forse! – ci saremmo risparmiati il “movimento A16” (Autostrade per l’Italia non ha fatto causa a Napoli perché ha già altri guai, ma insomma…).

Anche a questo serve la comunicazione: funziona da placebo per chi vive il mercato come un sogno d’estate, sfama le ambizioni percepite. Crea hype, così si dice. Poi, a rileggerla, qualche mese dopo, fa un po’ ridere. Ma è un gioco (delle parti) anche quello, ci sta.

De Ketelaere è diventato un tormentone di sfondo, prima di farsi disinnescare dal campo. Ha fatto parte del nostro quotidiano di tifosi da ombrellone angosciati chi dalla dismissione del Napoli, chi per le casse bucate dell’Inter, chi disgustato per i kolossal romani.

E non è mica finita. Perché mentre Kvara è passato dalla prima pagina dell’Eco di Tbilisi al New York Times, De Ketelaere è rimasto sulla Gazzetta dello Sport. Se si sfogliano in velocità le Gazzette di queste ultime settimane ne vien fuori il cartone animato della delusione belga. Dalle stelle alla panchina. Un fenomeno di tigna editoriale che spiega – anche – la difficoltà di smettere di illudere il proprio target di riferimento per passare al livello successivo: il racconto dell’astinenza. In fondo il passaggio simbolico da De Ketelaere a Kvaratskhelia è anche quello dal dismorfismo del calciomercato alla realtà del calcio-e-basta. 

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