In una conversazione del luglio 2021, il ds fa capire che è necessario cambiare strategia. Per i pm ciò è indice di «una capacità delinquenziale» degli indagati
Per la Procura di Torino, una delle conversazioni chiave tra i dirigenti Juve che prova il dolo nella ipervalutazione di 21 calciatori avvenuta negli ultimi anni, è quella avvenuta il 22 luglio 2021 tra il direttore sportivo Federico Cherubini e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, Stefano Bertola. L’intercettazione è oggi sui principali quotidiani. Cherubini dice a Bertola:
«Fortuna che alla luce delle recenti visite… ci siamo fermati».
Aggiunge di essersi già confrontato con Paratici sulla necessità di «cambiare strategia» e che il loro lavoro «è di scovare talenti, valorizzarli e poi venderli» facendo «plusvalenze sane, in casa» senza ricorrere a quelle «artefatte nei valori».
Secondo gli inquirenti, scrive La Stampa, c’era consapevolezza da parte della Juve di ciò che si faceva per «celare l’erosione del capitale sociale» e risanare un bilancio dai numeri complicati per via degli elevati costi già prima del Covid.
Lo dimostrerebbe anche una comunicazione del presidente Agnelli del 21 febbraio 2020, anche questa agli atti dell’inchiesta. In essa, Agnelli spiega come
«la situazione del Rol (differenza tra entrate e uscite delle operazioni caratteristiche) è meno 177 milioni di euro e saranno necessarie manovre correttive».
Per i pm il ricorso a plusvalenze «artefatte» prima e le due «manovre stipendi» poi sarebbero la conseguenza di questo quadro. Gli inquirenti ritengono che ad un certo punto la Juventus abbia cambiato solo strategia e questo è indice di «una capacità delinquenziale» degli indagati: bisognava trovare un altro modo di risanare i conti.
Sulla base di questo «indice delinquenziale» la Procura aveva richiesto i domiciliari per Andrea Agnelli (respinti dal gip).