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Baggio: «Non penso tornerei nel calcio. Il tempo passa veloce, la vita è fatta per fare le cose che ci piacciono»

Al CorSera: «La mia è stata una carriera di sofferenza. Sembrava che fossi un privilegiato, invece ero uno sfigato che non vedeva l’ora di arrivare a domenica per giocare».

Baggio: «Non penso tornerei nel calcio. Il tempo passa veloce, la vita è fatta per fare le cose che ci piacciono»

Il Corriere della Sera intervista Roberto Baggio. Ita Airways gli ha dedicato il nuovo Airbus A350 che vola fino all’Argentina. Porta il suo nome. Proprio in Argentina, Baggio si rifugiò dopo aver lasciato il calcio, nel 2004.

«Ero al Brescia e ho giocato l’ultima partita il 16 maggio contro il Milan. Subito dopo ho fatto la cosa migliore: prendere un volo per Buenos Aires, deluso perché non avevo segnato».

Non vedeva l’ora di smettere…

«La mia è stata una carriera di sofferenza. Negli ultimi tempi mi dava fastidio non poter fare le cose assieme ai compagni per i miei acciacchi. Sembrava che fossi un privilegiato e invece ero uno sfigato che non vedeva l’ora di arrivare a domenica per giocare perché poi sarebbe venuto l’incubo, il lunedì o il martedì, con le ginocchia gonfie».

Le ultime partite?

«Uno strazio. Ero così a pezzi che mia moglie veniva a darmi una mano per uscire dall’auto».

Quante cicatrici ha?

«Tantissime. Mia madre mi chiede: “Ma che hai litigato di nuovo con un puma?”»

Quando vi siete conosciuti lei e sua moglie Andreina?

«A 15 anni e mezzo. E due settimane dopo avevamo deciso che avremmo avuto una femmina e un maschio, come primi due figli, e li avremmo chiamati Valentina e Mattia».

Ed è andata esattamente così. Baggio parla anche dei rapporti non idilliaci con suo padre Florindo.

«Era abituato a dimostrare le cose con il lavoro. Lo criticavo perché non era sensibile, ma ha tirato su 8 figli, aveva debiti e mutui, faticava a dar da mangiare a tutti».

Alla prima cena a casa della sua futura moglie le hanno messo sul tavolo una bistecca intera…

«E a me è venuto d’istinto di dividerla per otto, come facevamo in casa. Non avevo capito che era tutta per me»

Pensa ancora a quel rigore sbagliato a Usa ’94?

«Sì, non andrà mai via. Ogni tanto mi dico che magari se avessi segnato forse sarebbe andata peggio».

Tornerebbe mai nel mondo del calcio?

«Non lo so. Sto tanto bene fuori. Il tempo passa veloce e la vita è fatta per fare le cose che ci piacciono»

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