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Spalletti ha commesso l’errore di trattare i tifosi del Napoli da persone adulte

Ha apertamente parlato di scudetto, sia pure con eccesso di retorica. A Napoli funziona altro, gli attacchi al sistema di potere. Il tifo a Napoli è un non luogo

Spalletti ha commesso l’errore di trattare i tifosi del Napoli da persone adulte
Db Milano 21/11/2021 - campionato di calcio serie A / Inter-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Ci è caduto anche Spalletti. Non saprei quanto volutamente o quanto erroneamente. Ma ha commesso un errore grave. Doveva solo maturare quest’errore, ma era evidente che sarebbe accaduto. Un errore in cui è caduto un altro ex allenatore del Napoli, che oggi se la passa discretamente. Spalletti ha parlato di scudetto. Si badi bene non ha parlato di vittoria per lo scudetto. In maniera eccessivamente retorica, ed anche un po’ goffa, ha parlato di mantelli, santi, madonne, sangennari, maradoni.

Insomma ha toccato le corde che pensava fossero quelle giuste. E giuste lo sono anche, a patto che tu vinca lo scudetto. Sennò sei solo uno che non mantiene la parola. Questo il pensiero “basic”.

La colpa di Spalletti è aver trattato i tifosi del Napoli da persone adulte. Gravissimo errore. I tifosi del Napoli ti apprezzano se li prendi in giro. Se li prendi per il culo ti amano alla follia. Ed ecco perché oggi dobbiamo fare un plauso a due degli allenatori che hanno avuto la peggior comunicazione di sempre, a nostro parere: Sarri e Mazzarri.

Personaggi che hanno alimentato la tossica narrazione rispetto al “Sistema di potere” agli “albitri che tifano juve”. Imbonitori capaci di infiammare “l’orgoglio di un popolo”. Frasi vuote, ma utili ad avere tutti dalla propria parte. I tifosi cercano qualcuno che li rassicuri, che dica loro “va tutto bene”, che non ci sarà bisogno di fare sacrifici. Insomma come gli elettori non cercano politici bravi a governare/allenare, ma gente che gli dica che la propria infelicità è colpa degli altri.

Ovviamente le parole diventano veleno se non vinci. Perché vendi una promessa. Utilizzo il verbo vendere perché l’entità “tifosi del Napoli” sono un verbo al passato. Il presente, vedendo le reazioni social e televisive, ad ogni partita che non sia una vittoria, è fatto di clienti e di “customare satisfaction”, Nel caso dei tifosi del Napoli di ” customare dissatisfaction”. E non ci riferiamo solo a quelli che attraverso i social hanno trovato un’opportunità per sbarcare il lunari vestendosi da tifosi del Napoli e “narratori della napoletanità”, ma anche a quelli che la ribalta la non la cavalcano ossessivamente.

Abbiamo voglia a riempirci la bocca di tifo, passione, lo stadio di una volta. Ormai sono solo simulacri da tenere in vita. Ma rappresentano “non luoghi” dove celare la vera natura della propria disaffezione. Nel vero amore c’è spazio soprattutto per difetti ed imperfezioni.

Prima si amava il Napoli per davvero. Lo si amava soprattutto in quelle sonore e rigeneranti bordate di fischi ed improperi che coprivano i Silenzi, i Pellegrini, il Maradona di turno. Perché il tifo è cosi odio e amore, gioia e dolore proprio come la vita. Invece adesso si è incapaci di soffrire e di affrontare le difficoltà della vita. Perciò si è sempre alla ricerca di precisi colpevoli. Ma tutto fa parte della vita. Anche la sconfitta, o un pareggio. Ma questo sembra non saperlo nessuno.

Oggi lo stadio non sa più nemmeno fischiare, sembra quasi una colpa voler insultare o fischiare un giocatore. Nella storcente realtà attuale del politicamente corretto, ci si infila anche la passione, che deve essere calmierata. La passione è da tenere sotto controllo. Quindi se fischi Insigne o Mertens, ci sarà sempre qualcuna che verrà con il ditino a dirti che lo hai fischiato e non dovevi. Ma non è vero amore, è solo una guerra di posizione. Il capitano non si fischia, perché ha fatto gol su rigore. Perché Mertens è il capocannoniere del Napoli. Come se sul campo valessero i gol fatti nelle partite precedenti. Nel calcio il passato conta solo per gli almanacchi e per quelli che fanno fatica a capirlo.

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